Viviamo in un’epoca in cui l’arrivismo, l’egoismo, l’edonismo ad ogni costo, la scalata sociale, l’esibizionismo, il benessere materiale, la vanità, l’ostentazione, vengono ai primi posti nelle scelte di vita. Mentre vengono trascurati – se non derisi – i buoni sentimenti, la solidarietà sociale, l’altruismo, il rispetto dell’altro e il rispetto delle regole. Ci troviamo a vivere, nostro malgrado, in una società che non ci piace, a dispetto delle convinzioni Leibniz che sosteneva che quello in cui viviamo è il migliore dei mondi possibili.
In particolare negli ultimi venti-trent’anni, mentre la tecnologia conosceva un progresso inimmaginabile, nei rapporti umani, nelle relazioni tra uomo e uomo, nell’educazione, nel rispetto dell’altro e delle regole si verificava un regresso. In una parola, c’è stato negli ultimi decenni un progressivo degrado morale e sociale.
Ogni giorno i telegiornali ci portano in casa notizie raccapriccianti (e – anche questo è cosa grave – ci siamo assuefatti e non proviamo piú l’indignazione che dovremmo provare) di figli che ammazzano i genitori, di mamme che buttano i neonati nella spazzatura, di alunni che picchiano i professori, di violenze sui bambini.
La televisione è diventata una scuola di violenza e di cattivo gusto, ma anche se guardiamo le copertine dei rotocalchi esposti nelle edicole, anche di quelli piú seri, possiamo vedere immagini e leggere titoli sempre relativi a inutili personaggi dello spettacolo o a come scolpire il proprio corpo, dove andare in vacanza, come comprare, dove spendere. Ci danno esempi su come avere successo, come arrivare, come avere “visibilità”, eccetera. Mai troviamo qualcosa che va al di là degli interessi strettamente materiali. E gli esempi che ci vengono dati dall’alto, non sono mai edificanti. Non ricordo chi disse che solo i cretini non cambiano mai idea. E forse sarebbe anche giusto se non fosse che questo è diventato un alibi per coloro che usano saltare di qua e di là nelle varie formazioni politiche, a seconda di come tira il vento degli interessi. Un politico delle mie parti arrivava a vantarsi, come si trattasse di un esempio encomiabile, di aver attraversato tutti i partiti dall’estrema destra all’estrema sinistra. Certo, è legittimo cambiare idea, ma – guarda caso – si cambia sempre idea a seconda del proprio interesse e la nuova idea è sempre quella che si trova dalla parte del potere. Dove si mangia, dove ci si ingrassa, dove si arraffa, là vanno le idee.
In questo testo, Giacomo Pontillo, ci parla di questo fenomeno di involuzione sociale e morale che si è verificato in Italia nella seconda metà del Novecento e in particolare negli ultimi due-tre decenni, ne analizza le cause, e si chiede quale sia la via d’uscita. E la via d’uscita non può che essere quella «di riesumare una morigeratezza smarrita, per continuare a vivere almeno con maggiore serenità, limitando le palesi discrasie comportamentali che racchiudono in sé le insidie di un’emancipazione forzata». E mi pare che non si possa che essere d’accordo, anche se – certo – è dura e, prevedibilmente, i tempi non sono brevi. Ma perché questo possa accadere o, almeno, perché si possa sperare in un’inversione di tendenza (e dovrebbe essere un’inversione a U), è necessario prenderne coscienza e, soprattutto, farne prendere coscienza alle nuove generazioni, che in questo tipo di società stanno crescendo. In questa direzione va il libro di Giacomo Pontillo. Ed è per questo che va letto e va fatto leggere.
Dalla Prefazione di Amerigo Iannacone