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“Oboe d’amore” - traccia d’amore nella poesia di Amerigo Iannacone, oboista solista.
Amerigo-Orfeo del nostro tempo intona la sua poetica voce per riportare in vita i sentimenti, per ridestare assopite coscienze, per coltivare ciò che di importante contrassegna la nostra umana vicenda.
Ma lui non si volta. Musico va per la propria via. Non guarda indietro neppure una volta perché ha fede nella poesia; ben sapendo che alla poesia, e soltanto a lei, è affidato il compito di riportarci fuori dagli inferi e nuovamente affidarci a madre terra.
E la poesia-Euridice lo segue. Contraddicendo il mito non lo abbandona, perché la poesia non può tradire né punire chi con cuore e corpo dedito e sincero la ama e la serve. Questo lei ci chiede, di amarla e servirla in spirito e materia; trovando in Amerigo Iannacone un instancabile e talvolta solitario condottiero, che lotta per la poetica causa senza curarsi dei clamori e degli onori. Del resto Amerigo docet: la poesia è traccia d’amore, quanto piú invisibile tanto piú indelebile.

Rossella Fusco

Un extraterrestre arriva in una piccola città della terra e vede un incendio. Riesce a capire che sul luogo del disastro sono presenti tre categorie di persone: i pompieri, i proprietari dello stabile andato a fuoco ed i curiosi.
Dopo qualche tempo il nostro extraterrestre si imbatte in un altro incendio e, successivamente, in un altro ed un altro ancora. Osservando attentamente nota che ogni volta i proprietari degli stabili ed i curiosi sono cambiati, e a volte non sono neppure sul luogo, ma i pompieri sono sempre presenti e sono sempre gli stessi. Da ciò deduce: «Ecco, sono i pompieri la causa degli incendi perché, quando ci sono loro, c’è sempre un incendio».

Simile, sostiene Trupiano, è la posizione degli osservatori nella medicina classica: costoro annotano che in quella determinata malattia è sempre presente quel microrganismo e decidono: «Ecco, è lui la causa della malattia». Oppure: se un tumore appare a distanza di alcuni mesi da una prima manifestazione cancerosa, vuol dire che la seconda manifestazione è concatenata con la prima. Vuol dire, insomma, che cellule della prima massa neoplastica sono emigrate in altri distretti dell’organismo dando origine ad una seconda manifestazione e (anche se non esistono studi in cui si possano vedere direttamente le cellule neoplastiche in transito) possiamo considerare “scientifica” l’ipotesi dell’invasione del nuovo distretto e della formazione delle metastasi.
Ma se non accettassimo la teoria classica delle metastasi è evidente che dovremmo considerare le formazioni tumorali successive alla prima come dei nuovi tumori.

Dall’“Introduzione - Psicologia ed oncogenesi: quasi una testimonianza”