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Sarà presentato giovedì 28 settembre prossimo, alle ore 17,30 a Campobasso, Sala Consiliare (Piazza Vittorio Emanuele II n. 29), il nuovo libro dell’autore Venafrano Antonio Masi dal titolo “La Forza dell’utopia” (Edizioni Eva, Venafro 2017, Collana “Il Cormorano” n.53 pp. 130, € 15,00, ISBN 978-88-94866-11-7).
L’evento è patrocinato dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani di Italia) Sezione Martiri Niguardesi e Sezione Molise, dal Comune di Campobasso e dal Comune di Venafro.
Parleranno del libro la scrittrice Ida di Ianni e il poeta Giuseppe Napolitano.
Concluderà l’evento Roberto Cenati (Presidente ANPI Milano, sezione Martiri Niguardesi).
Moderatrice Eva Iannacone, figlia dell’editore recentemente scomparso Amerigo Iannacone.
Un’occasione per il pubblico per condividere ricordi storici e sentimenti forti.
Un appuntamento da non perdere.

     

locandina presentazione La forza dell'utopia

«Nel libro dedicato alla Guerra Civile Spagnola di cui ricorre l’ottantesimo anniversario» scrive Roberto Cenati nella prefazione «Antonio Masi dedica un’attenta analisi alla realtà economica e sociale di Niguarda di fine Ottocento. Dalle rivolte contadine contro conti e marchesi per una migliore divisione dei prodotti, alle trasformazioni del quartiere, alle prime lotte nelle fabbriche, all’esigenza di nuove abitazioni, alla nascita del movimento cooperativo di consumo, al coinvolgimento di Niguarda nelle tragiche vicende dell’avvento del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale. Ma il cuore della ricerca è costituito dalla ricostruzione della partecipazione dei volontari niguardesi alla guerra contro i falangisti, per una Spagna popolare e democratica. Masi, con un prezioso lavoro d’archivio ci parla delle vicende dei niguardesi Giosuè Elli, Mario Sangiorgio, Ettore Grassi, Alfredo Terragni, Aniceto Pagani che, spinti dalla forza dell’utopia raggiungono la Spagna».

Nella postfazione Ida Di Ianni scrive:
«Questa postfazione, che doveva recare la firma del caro Amerigo Iannacone, scrivo per affetto di Antonio Masi che – in tema di utopie – potrebbe continuare a scrivere pagine, oltre a quelle condensate in questo volume, dall’alto del suo comportamento adamantino, che sempre ha visto combaciare il dire e il fare, l’essere ed il continuare ad essere, a fronte del tempo e di ogni suo inevitabile mutamento: mutate infatti le ideologie, confuse quasi in un mare di pluralità che sembra poi alla fine confluire nella sola direzione dell’utilitarismo di pochi ed eletti; trasformatisi del tutto i comportamenti e traviati completamente i valori etici sottesi ad un vivere ormai planetario, in un rapporto interdipendente tra le civiltà del mondo e le loro costanti contraddizioni, Antonio Masi non ha mai demorso, mai si è lasciato incantare dalle false sirene della modernità».
[....] «Quante “estati” calde ha dunque vissuto chi, come l’utopista, si è impegnato nell’elaborare mondi migliori e possibili, perché – dice Masi – “l’utopista è un ottimista”, crede – come Masi crede – nella lotta senza resa per “portare a buon fine la verità”. Del Masi utopista proprio Amerigo Iannacone ha scritto: “La scrittura di Masi non è quella distaccata del cronista e dello storico, ma è quella del testimone, diretto o per interposta persona, comunque sempre partecipe e tesa a dare un contributo per il riscatto sociale delle classi più deboli”.
Un guerriero mai stanco – nelle parole e nei fatti e nell’analisi del reale nelle sue matrici storiche – come noi lo conosciamo; “uno degli ultimi eredi (se non proprio l’ultimo) di quel massimalismo rosso che si ritenne (a torto) chiuso con la segreteria Longo del Partito Comunista Italiano”, nelle parole di Aldo Cervo; una persona amabilissima e sensibile che non ha mai smesso di credere
e di professare le proprie convinzioni, nonostante i tanti crolli delle ideologie e le malinconie che pure la vita gli ha riservato (emigrato dalla propria terra con la lontananza trafitta nel cuore e fissata nelle pagine di sue opere a carattere memoriale)».

Foglio Volante n°9 Anno XXXII Settembre 2017


Ricordo di Amerigo

La notizia dell’improvvisa e recente scomparsa di Amerigo Iannacone mi è giunta per caso, con qualche giorno di ritardo, nella città in cui vivo da cinquant’anni sebbene io sia nato e vissuto in Molise nei primi trenta. Senza esagerazione, sono rimasto stravolto per l’annuncio visto che conoscevo l’amico e collega di lavoro – essendo entrambi insegnanti – da più di vent’anni.
Non solo, egli è stato per due decenni uno dei miei editori principali pubblicandomi ben quattordici volumetti, ad iniziare dal primo da me intitolato Bilancio su Kant e Pirandello (1996), all’ultimo, Pirandello ottant’anni dopo, esattamente nel mese di aprile di quest’anno nel bel formato che contraddistingue la stampa delle ’Edizioni Eva’ di Venafro, sua città di nascita.
Io e Amerigo ci sentivamo, spesso telefonicamente, segno della nostra lunga, sincera e disinteressata e molisana amicizia; proprio una quindicina di giorni fa ci siamo scritti via internet e nell’ultimo suo messaggio egli mi ha pregato di rinnovare l’abbonamento a ‘Il Foglio Volante’, la rivista letteraria da lui diretta da tempo, con tale aggiunta: “per farlo vivere ancora”. Essendo un vecchio abbonato ho immediatamente provveduto al rinnovo della ‘Flugfolio’, come suona la traduzione del mensile in esperanto, lingua di cui egli era non soltanto esperto, ma anche autore di molti scritti che costituiscono un patrimonio imprescindibile per chi ama e si esprime in tale lingua artificiale inventata per i rapporti internazionali.
Di tale ‘Mensile letterario e di cultura varia’ (Monata literatura kaj kultura gazeto) sono stato a lungo collaboratore perché, pur nelle sue limitate dimensioni, ha rappresentato – e mi auguro rappresenterà ancora – uno strumento imprescindibile per chi voglia conferire alla moderna espressione creata dal medico polacco L.L. Zamenhof (1859-1917) quel valore di semplicità nella fonetica, nella sintassi e nel lessico.
Tornando a Iannacone editore, devo rilevare che di recente egli mi ha inviato la sua ultima fatica, C’ero anch’io, una autobiografia o quasi, intorno alla quale hanno scritto Aldo Cervo nella ‘Prefazione’, Giuseppe Napolitano in copertina e l’Autore medesimo, in una breve Nota. Il primo: “L’autobiografia di Amerigo Iannacone è il racconto della vicenda umana, e della avventura culturale e artistica di un molisano che – fatta salva la parentesi del servizio militare – non ha quasi mai lasciato la terra che l’accolse infante per più di qualche settimana”. Il secondo: “Rimanendo al di qua dello specchio (…) Amerigo Iannacone non è mai andato a sbattere nello specchio rischiando di romperlo, magari per vedere di là cosa ci fosse, o chi rischiasse di incontrare”. Il terzo: “Ero in dubbio (e un po’ lo sono ancora) se era il caso, se valeva la pena di dare alle stampe un’autobiografia (…). Scrivendo, mi sono reso conto che molti ricordi erano confusi, incompleti, lacunosi e spesso non facilmente ricollocabili in data più o meno certa. Ho fatto del mio meglio”.
La produzione libraria di Amerigo Iannacone è molto vasta, come sanno gli addetti ai lavori, e spazia un po’ in tutti i campi del sapere letterario come dimostrano le interviste presenti nell’ultimo libro, vista anche la sua predilezione per l’esperanto che trova d’accordo molti suoi amici e conoscenti, compreso lo scrivente, i quali, giustamente, non accettano la prevalenza, come idioma internazionale, né dell’inglese, né di altre locuzioni.
E, infatti, nell’intervista a Fulvio Castellani presente nel menzionato suo ultimo volume, alla domanda di quest’ultimo circa la diffusione dell’esperanto come manifestazione universale, il nostro amico così ha risposto: “Purtroppo le grandi masse vengono condizionate non dalle idee, ma dalla televisione, dalla pubblicità, dalle mode oltre ad essere in un modo o nell’altro dominate e sopraffatte (quasi sempre senza che se ne rendano conto) dal potere economico”.
Devo, al riguardo, anche rilevare che il mio citato e recente saggio su Pirandello, porta la Prefazione – e ne sono orgoglioso – proprio del caro e conterraneo amico Amerigo il quale, ad un certo punto, ha scritto che “nei diciotto capitoli di questo nuovo libro, Di Stefano analizza sedici aspetti della personalità del grande siciliano, alcuni dei quali poco noti al grosso pubblico, come ‘Pirandello pittore’, cui è dedicato l’ultimo capitolo”.
Naturalmente, il poeta e scrittore di Venafro non dimentica di osservare, da una parte, che Pirandello resta “uno dei più eminenti autori (narratore, drammaturgo, saggista e quant’altro) non solo italiani, ma europei e anche extraeuropei”, bensì pure che il grande Agrigentino è stato tradotto in esperanto – dopo il Convegno del 2012 a Mazara del Vallo – nel volume Luigi Pirandello kaj aliaj siciliaj autoroj (Luigi Pirandello ed altri autori siciliani), Ed. Fei, Milano.
“Si tratta – conclude Amerigo Iannacone – di una ponderosa antologia, curata da Carlo Minnaja che accoglie sedici autori, poeti e scrittori, a ognuno dei quali è dedicata, dopo una scheda bio-bibliografica, una scelta di testi, tradotti in esperanto”. In un’intervista concessa, infine, a Valentina Derme – sempre presente nel volume autobiografico citato – l’amico Amerigo ha, altresì, risposto alla domanda relativa alle difficoltà incontrate dai lettori, oggi in Italia, nei seguenti termini. “C’è oggi una società superficiale e distratta da un eccesso di mezzi a disposizione (televisione, Internet, telefonini, radio, ecc.) e forse troppo opulenta per dedicarsi al piacere della lettura (…). La lettura è un piacere, ma perché lo diventi deve superare una fase iniziale, che è faticosa (…); non è un caso che l’analfabetismo sia in aumento”.
Nell’accomiatarmi dall’amico, lo saluto sicuro che egli vive in una dimensione di eterna pace e di perenne felicità extra-temporale.

Lino Di Stefano


Inedita

Se desse retta
al razionale calcolo degli anni
dovrebbe abbandonare ogni progetto
e vivere alla giornata.

Ma la sua agenda mentale
è zeppa di eventi luminosi.
Sì, lo sa: quando sarà.
Ma intanto la sua vita è vita.

9.7.2017
Amerigo Iannacone


Il rossetto

Questa mattina vado
al bar per bermi il solito caffè.
Seduta davanti a me
Helen si mette il rossetto
e sinceramente lo confesso
tremo tutto al suo cospetto.
Tutta colpa del rossetto!

Mariano Coreno (Australia)


  • Autore
  • Antonia Izzi Rufo
  • Titolo
  • Oltre le stelle
  • Collana
  • La stanza del poeta
  • Pagine
  • 48
  • Anno
  • 2017
  • Prezzo
  • € 8,00
  • Isbn
  • 978-88-94866-09-4


Quando Saba (Umberto, uno dei veri grandi del Novecento), ormai un abbondante secolo fa, dichiarò che ai poeti rimaneva da scrivere “la poesia onesta”, sfondava una porta aperta ma fece un buco nell’acqua. Tempo ne è passato, e di poeti onesti in giro se ne vedono sempre pochi, tanti invece essendo quelli che ancora insistono a cincischiare con le parole improbabili sperimentazioni. Ai suoi tempi, Saba ce l’aveva con i piagnistei dei crepuscolari e gli strilli dei futuristi – oggi chissà con chi se la dovrebbe prendere, lui che faceva sempre “ogni anno un passo avanti e il mondo dieci indietro”.
L’attaccamento alla vita, la poesia della vita, la passione per la scrittura: c’è tutto questo in un libro di Antonia Izzi Rufo, la vecchia maestra che non ha mai dimenticato di esserlo stata, che anzi lo è rimasta sempre, poiché il dono dell’insegnamento non si annulla, se è vissuto con passione per la vita – se si alimenta nella poesia. Onestamente. Insegnare è darsi, non solo comunicare, e darsi in tutta onestà, senza imbrogliare gli allievi, ai quali anzi bisogna offrire un modello di comportamento improntato alla serietà, al decoro formale, alla semplicità scevra da inutili orpelli.
Nella raccolta poetica Oltre le stelle che Antonia Izzi Rufo dedica al nipotino Lucio jr. c’è dunque la sua dedizione di maestra e la sua onestà intellettuale. C’è lo slancio degli affetti familiari filtrato nella pratica della scrittura che le è congeniale. Nonna Antonia parla al piccolo Lucio come ad un bambino di scuola al quale dare slancio per la vita: crescerai e ricorderai di essere stato un bimbo… e ne sarai grato a tutti coloro che ti hanno voluto bene, aiutandoti nel cammino periglioso della vita.
Se ad un primo livello di lettura Oltre le stelle appare disuguale nell’intensità espressiva, è dovuto appunto al variare dei moti d’animo (per nulla però esibiti, né sdolcinati – e il rischio è forte – ma espressione di profondi sentimenti) che vengono suscitati dall’incontro con la nuova vita che cresce e si manifesta nel piccolo Lucio. Nonostante l’esiguità della raccolta, appena venti poesie, questo piccolo libro è tuttavia denso di umori vitali, è impastato della buona farina di una volta, quella che faceva di ogni creatura una briciola necessaria dell’universo.
Sei di tutti, parte dell’umanità, dice la nonna al nipotino (ma – aggiunge compiaciuta – pure “un po’ mio… non solo di mamma e papà”), come se volesse avvertirlo, rendendogli subito nota la sua missione, che dovrà mettersi al servizio del mondo e rimanere comunque se stesso: sarà uomo se avrà riconosciuto in sé il seme da cui è generato e pronto a nuovi semi da generare. Nel ciclo ineluttabile della natura, è la poesia che ci fa scoprire chi siamo e cosa dobbiamo fare a questo mondo. Perché fa volare in alto, oltre le stelle... non come quando sarà quel momento, l’ultimo, ma ogni volta che si potrà avvertire un non so che di celestiale, magari abbracciando un bambino che ci sorride.
...e l’anima mia, da pensieri libera ed ambasce,
si riempie di te, d’amore trabocca, per te.

Promessa di poeta: alla maniera del Pascoli più nobile, quello che sa commuoversi senza eccedere, quello che sa come controllare i sentimenti (anche nonna Antonia lo dice: “prometto di celare il mio sentire”), al bimbo che appena comincia a crescere si augura di poter conservare in sé il richiamo della Poesia, anzi di “fata Poesia”, la capacità cioè di farsi uomo conservando lo stupore del fanciullo, e custodire e saper sempre ritrovare la freschezza di allora:
ogni volta
che fata Poesia
raggi di luce lancerà
nell’anima tua.

Giuseppe Napolitano

  • Autore
  • Giuseppe Napolitano
  • Titolo
  • Dialoghi
  • Collana
  • La stanza del poeta
  • Pagine
  • 96
  • Anno
  • 2017
  • Prezzo
  • € 8,00
  • Isbn
  • 978-88-94866-10-0


Educare al dialogo

Non voglio certo prendermi Francesco (il Papa) come sponsor – anche se sarebbe un bel colpo! –, ma il suo discorso sull’importanza del dialogo (ripreso peraltro dal filosofo Bauman poco prima di morire) lo sento molto congeniale. Ho passato la vita, posso dirlo, a dialogare, a cercare contatti, a promuovere incontri. L’ho fatto a scuola e lo faccio sempre nell’esercizio letterario: credo profondamente che la poesia abbia il compito, almeno tra i suoi compiti il più importante, di educare al dialogo – perché leggiamo poesie? Perché “ci serve” (direbbe il povero Troisi “postino”), perché ci aiuta a trovare “compagni al duolo” (direbbe il padre Dante): insomma, se abbiamo bisogno di aiuto, di un po’ di compagnia, di esempio per un momento creativo, nella poesia sono le risposte a tanti nostri interrogativi, le chiavi per aprire porte che a lungo ci hanno resistito.
Anche tradurre poesia è dialogare – favorire il dialogo (e per quel che appena ho detto potrebbe sembrare una tautologia): il traduttore di poesia si impegna a dare voce, un’altra voce, a chi cerca di comunicare (ammesso appunto che il poeta sia uno che abbia voglia di parlare al prossimo): portando le sue parole in un’altra lingua, gli si dà una nuova occasione di dialogo, gli si schiudono nuovi orizzonti oltre il panorama quotidiano. Tradurre è tradere (consegnare) senza tradire. Tradurre è offrire visibilità, ascolto, proiettare un discorso su un piano diverso da quello di partenza, conservando il messaggio originale ma adattandone il codice espressivo, magari forzando appena la chiave linguistica, perché quel messaggio venga recepito elaborato vissuto.
Perciò Francesco sollecita “la cultura del dialogo”, vorrebbe addirittura che fosse “un asse trasversale” delle discipline scolastiche, per inculcare nei giovani “un modo diverso di risolvere i conflitti” (magari!)… è quello che ho cercato di insegnare per trent’anni, anzi più, a scuola, tenendo presente sempre la mia natura di poeta. E se traduco altri poeti, è perché la loro voce mi è parsa degna di avere ancora ascoltatori, lettori che potessero trarne lezioni di vita (ho cominciato dai classici, i greci e i latini, per passare ai contemporanei, ma solo quelli che conosco, ai quali chiedere spiegazioni se qualche verso mi risulta oscuro). Personalmente, la conoscenza diretta di tanti scrittori, la frequentazione di festival internazionali, la curiosità di conoscere comprendere condividere una poesia scritta in lingue diverse mi ha dato sempre la carica e la forza di lavorare perché da quella poesia potessi arrivare ad una migliore comprensione di altre culture – e questa possibilità ho voluto che fosse offerta anche a coloro che volessero avvicinarsi ad altre culture, almeno idealmente, leggendo poesia, leggendo i miei amici poeti.
La poesia è vita condivisa – la parola del poeta è frammento riconoscibile di un’esistenza altra che potrebbe essere la nostra. Perciò scriviamo e leggiamo poesia (bisognerebbe sempre leggere molto, prima di scrivere!): ci scambiamo sensazioni impressioni suggestioni – confrontiamo così gli alfabeti delle nostre anime: dialoghiamo. Quanta vita si può trovare nelle pagine di un libro! quanta vita altrui che diventa nostra, se le parole che la raccontano sanno come parlare alla nostra vita. Tradurre poesia è cercare in altre lingue l’umanità che conosciamo; prestare la mia voce ad un poeta di altra espressione lo aiuta a parlare come me, e attraverso le mie parole arriva a quelli che non conoscono la sua lingua (d’altronde, anche se la conoscessero, leggere una traduzione è comunque moltiplicare la comprensione di un testo).
Torniamo ancora ai giovani e al dialogo: leggere poesia, disporsi ad ascoltare un poeta lontano – nel tempo o nello spazio – favorisce in modo sensibile la formazione culturale di un individuo, se è capace di cogliere nella lettura la profondità del suo spirito, se cioè legge come guardandosi allo specchio, disposto a scoprire sé stesso nello spirito del poeta che gli parla. Magari davvero i giovani comprendessero che c’è “un modo diverso di risolvere i conflitti”, di là dalla violenta dinamica dei rapporti di forza (bullismo prevaricazione sopraffazione) ai quali sono abituati – loro e quelli che vedono intorno a loro; e c’è un modo di comunicare, che è privato e insieme universale, di là dalla sciatteria del sempre più banale cinguettare dei loro messaggini: ed è appunto la poesia, l’espressione alta di cose quotidiane fatte patrimonio comune. È il dialogo fatto con le parole organizzate secondo schemi e logiche – solo apparentemente difficili (è una maschera di circostanza) – da cui ciascuno può attingere, in cui ciascuno può riflettersi e scoprirsi diverso, a cui ciascuno può perfino sostituire un significato senza perdere il senso generale del discorso.
Ci sono, in questo piccolo libro che si intitola Dialoghi, pochi amici – pochi rispetto alle decine di poeti incontrati nei dieci anni delle mie frequentazioni internazionali (Francia, Spagna, Macedonia, Albania, Serbia, Bosnia, Kosovo, Tunisia, Marocco). Sono gli amici che per un motivo o un altro mi sono trovato a tradurre: curiosità soprattutto, spesso un libretto da preparare per qualche occasione, anche la semplice voglia di far conoscere un testo che mi era piaciuto. Lo dissi già tanti anni fa (lavorando con la poesia di John Deane): non sono un traduttore, ma se mi piace una cosa mi va di condividerla. Così un poeta lontano mi va di avvicinarlo ai miei amici, ai lettori delle mie cose, facendo appunto della sua poesia una mia cosa: la firma del traduttore (d’accordo con Carlos Vitale, il mio traduttore in spagnolo) impegna quest’ultimo come autore, nel senso della responsabilità verso il lettore.
Per fortuna, i sedici autori di queste nuove traduzioni (dopo le Traduzioni sparse, con cui avevo chiuso la prima serie della collana “la stanza del poeta”) sono anche amici, e mi hanno suggerito qualche spunto di interpretazione al fine di rendere meglio il passaggio linguistico: la mancanza del testo originale a fronte è segno di libertà, non trattandosi qui di versioni da studio, quanto di rivisitazione di testi che ho sentito vicini alla mia sensibilità, scegliendoli quindi per rappresentare insieme gli autori e la mia stessa maniera di intendere, e fare, poesia.
Richard Berengarten, inglese ma cittadino del Mediterraneo, già professore a Cambridge e pluritradotto, è uno dei tanti conosciuti a Tetovë durante il Festival “Ditët e Naimit”, organizzato da Shaip Emërllahu, che mi invita lì da quasi dieci anni e pure è presente in questa antologia. Adriana Hoyos, spagnola, Diti Ronen, israeliana (mia ospite a Gaeta), e Anna Rostokina, russa, le ho incontrate anche loro a Tetovë, come l’azero Kamram Azar Kamran (che vive esule in Norvegia) e il bosniaco Sabahudin Hadzialic (che mi ha invitato più volte a Sarajevo), l’argentino Ricardo Rubio, il kosovaro Ndue Ukaj e i taiwanesi Hsiu-chen Chen e Kuei-shien Lee (che mi ha tradotto in cinese 22 poesie, appena pubblicate in Grammatica interiore, Volturnia Edizioni – insieme alla versione inglese di J.R. Forbus). La kosovara Ilire Zajmi, conosciuta a Pejë, giornalista e traduttrice, ha tradotto in albanese il mio Dialogo alla luna. Con Georges Drano e sua moglie Nicole Drano Stamberg, operatori culturali francesi attivi a Frontignan-La Peyrade e in altre città dell’Hérault (Lodève, Sète, etc.), siamo amici da quasi vent’anni, nel corso dei quali più volte ci siamo incontrati, in Francia e in Italia: di entrambi, anche insieme a Irene, ho tradotto e pubblicato diversi piccoli libri. Daniel Leuwers, francese anche lui, è stato professore a Tours e inventore della collana dei livres pauvres: è presente in entrambe le edizioni della collana “la stanza del poeta”. Tra i pochi egiziani che conosco, Sharif al-Shafiey l’ho incontrato a Marrakech nel 2015.

Giuseppe Napolitano

  • Autore
  • Antonio Masi
  • Titolo
  • La forza dell'utopia
  • Collana
  • Il Cormorano
  • Pagine
  • 130
  • Anno
  • 2017
  • Prezzo
  • € 15,00
  • Isbn
  • 978-88-94866-11-7


Nel libro dedicato alla Guerra Civile Spagnola, di cui ricorre l’ottantesimo anniversario, Antonio Masi dedica un’attenta analisi alla realtà econo-mica e sociale di Niguarda di fine Ottocento. Dalle rivolte contadine contro conti e marchesi per una migliore divisione dei prodotti, alle trasformazioni del quartiere, alle prime lotte nelle fabbriche, all’esigenza di nuove abitazioni, alla nascita del movimento cooperativo di consumo, al coinvol-gimento di Niguarda nelle tragiche vicende dell’avvento del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale. Ma il cuore della ricerca è costituito dalla ricostruzione della partecipazione dei volontari niguardesi alla guerra contro i falangisti, per una Spagna popolare e democratica. Masi, con un prezioso lavoro d’archivio ci parla delle vicende dei niguardesi Giosuè Elli, Mario Sangiorgio, Ettore Grassi, Alfredo Terragni, Aniceto Pagani che, spinti dalla forza dell’utopia raggiungo-no la Spagna. Terragni morì con i partigiani francesi, Elli trovò riparo in Russia dove visse, dopo l’esperienza in un gulag staliniano. Pagani e Grassi, dopo il confino di Ventotene, militarono nelle formazioni partigiane. Pagani agì a Milano nella SAP Magenta-Sempione, Grassi nella Brigata di Mantova-Cremona, Sangiorgio in Valtellina-Valcamonica. Il contributo della ricerca è significativo e importante perché dalla microstoria si ricostruiscono e si comprendono meglio le vicende della grande storia.

Bombardamenti dell’aviazione fascista su Barcellona

Nel corso del 2016 ricorreva l’anniversario dei bombardamenti dell’Italia fascista sulla popolazione civile. Il primo bombardamento sulla Catalogna avvenne dal mare contro la popolazione di Roses il 30 ottobre 1936, ma dall’inizio del 1937 l’aviazione italiana stabilitasi a Maiorca iniziò una campagna di bombardamenti sul litorale catalano e valenzano. Vennero sperimentati così, attraverso i bombardamenti su città come Barcellona, quelli che furono i bombar-damenti sulle città europee nella Seconda Guerra Mondiale. Ma si manifestò, nel contempo, la straordinaria resistenza della popolazione attraverso la costruzione di rifugi antiae-rei. Winston Churchill, primo ministro britannico, in un di-scorso pronunciato il 15 giugno 1940, davanti alla Camera dei Comuni, dichiarò: «Non sottovaluto per nulla la severità della prova che dobbiamo affrontare, ma credo che i nostri compatrioti saranno capaci di resistere come fece il coraggioso popolo di Barcellona e saranno in grado di lottare e sopportare altrettanto bene come hanno fatto altre persone nel mondo».

Mobilitazione dell’antifascismo europeo

Alessandro Vaia nel libro Da galeotto a generale, così racconta: «Il 18 luglio 1936 ci giunse la notizia della ribel-lione dei generali fascisti contro il governo democratico spagnolo. La vittoria del Fronte Popolare nelle elezioni del febbraio 1936 aveva suscitato grande entusiasmo e grandi speranze in tutto lo schieramento antifascista, specialmente in Europa. Ma Hitler e Mussolini non potevano tollerare l’insediamento in Spagna di un governo decisamente antifascista e sostenitore di una politica di pace, anche se costitui-to solo da forze moderate con l’esclusione dei socialisti e dei comunisti».
«La Spagna divenne così il punto più caldo dello scontro mondiale tra le forze della pace e quelle della guerra, tra il fascismo e l’antifascismo. Questa la posta in gioco in quel momento in Spagna e il movimento operaio e progressista, nella sua parte più avanzata, lo comprese immediatamente».
L’antifascismo europeo rispose immediatamente. La solidarietà si espresse attraverso la partecipazione di più di 50.000 volontari provenienti da 53 paesi differenti. Gli italiani furono più di 5.000. Ricordiamo figure importanti che militarono nelle Brigate internazionali, come Alessandro Vaia, Carlo Rosselli, Giuseppe Alberganti, Giovanni Pesce, Francesco Scotti, Ilio Barontini, Egisto Rubini, Giuseppe Di Vittorio, Pietro Nenni, Teresa Noce, Francesco Scotti, Luigi Longo, Leo Valiani e tanti altri ancora. Il 23 marzo del 1937 la vittoriosa battaglia di Guadalajara costituì per l’antifascismo italiano la prima sconfitta significativa del fascismo.

Dalla Brigate internazionali alla Resistenza

È il caso di dire che se il fascismo in Spagna vinse la bat-taglia iniziale della Seconda Guerra Mondiale, in Spagna l’antifascismo creò i quadri e le premesse per la vittoria fi-nale del 25 aprile. Infatti, quasi tutti i volontari italiani delle Brigate Internazionali, furono poi comandanti e commissari, dirigenti politici della Resistenza italiana ed Europea. La guerra di Spagna dunque, se fu utilizzata dal fascismo per soggiogare il libero popolo spagnolo, seppe creare al tempo stesso l’unità dell’antifascismo che sta alla base del successo della Resistenza in tutta Europa.

La Spagna nel cuore

Secondo Giovanni Pesce, di cui ricorre nel 2017 il deci-mo anniversario dalla scomparsa, il momento più alto della sua vita fu costituito dalla partecipazione alla Guerra di Spagna, con le Brigate Internazionali più ancora che la Resistenza. «In Spagna ero un povero minatore che andava a combattere a fianco di tanti volontari italiani e stranieri. Gente che aveva lasciato la propria famiglia, genitori, fratel-li, mogli e figli, gente che aveva gettato nella lotta la propria vita per quella di un altro popolo in grave difficoltà. Una storia altissima. Questa esperienza mi diede forza ideale, mi fece capire cosa fossero in concreto i valori della solidarietà, dell’umanità, dell’amicizia che a quei livelli non mi capitò mai di poter ritrovare né rivivere. Nella Resistenza eravamo tanti gruppi diversi, io ho fatto il gappista spesso da solo, anche se alle spalle avevo il Partito e il comando garibaldino. Ma era cosa diversa, l’afflato umano era minore. La Spagna ha rappresentato invece il richiamo per eccellenza ai più alti ideali di tutto il Novecento. Una storia che ha unito le persone più diverse in un comune percorso ideale. È stata l’ultima grande epopea del secolo breve».

Milano, 20 luglio 2017

Roberto Cenati
Presidente ANPI Provinciale di Milano