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Foglio Volante n°11 Anno XXXI Novembre 2016


Poesia ed esperanto

In Italia, è cosa risaputa, si legge poco, si legge pochissimo, e negli ultimi anni le cose sono andate addirittura peggiorando. Fino a qualche anno fa capitava anche di vedere, in treno, in aereo, in tram, in pullman, qualcuno con un libro aperto. Oggi si vedono solo ragazzi (e per la verità non solo ragazzi) che tormentano ininterrottamente i telefonini con i loro giochi obnubilanti. Vedere una persona in spiaggia, sotto l’ombrellone, o nei giardini pubblici che sta leggendo un libro è cosa altamente improbabile.
Il livello culturale medio si abbassa sempre piú e siamo a quello che chiamano “analfabetismo di ritorno”. Complice la televisione che nei canali principali e negli orari di maggiore ascolto, trasmette solo programmi demenziali. La lingua corrente diventa sempre piú piatta, ben lontana da quella della tradizione letteraria, dei poeti e degli scrittori. E spesso gli stessi scrittori si adeguano alla lingua piatta della massa.
Il mercato librario è in decrescita. È vero che il numero dei libri che si stampano è piuttosto alto, ma le tirature sono sempre piú basse. Se fino a pochi anni fa le tirature minime, anche di un autore sconosciuto al primo libro, erano di 500-1000 copie, oggi si tirano 100-200 copie e spesso anche meno. C’è la crisi economica? Certo. Ma la crisi economica è effetto di una piú grave crisi: la crisi morale. La crisi economica è partita, come è noto, dai giochi sporchi di alcuni banchieri.
Da qualche decennio c’è stata nell’uomo una sorta di “mutazione antropologica”, che ha abbassato il senso dell’etica e della morale, per cui si parla di “relativismo etico”, dove non esistono valori morali assoluti ma sono variabili in funzione dei mutamenti sociali, politici ed economici che si verificano nella società, ma anche in rapporto alla convenienza e agli interessi personali.
Perché le cose cambino deve cambiare l’uomo. Certo non è cosa da nulla, Ma non bisogna demordere. Perché si possa sperare di cambiare l’uomo, bisogna parlare alla sua sensibilità. E questo è il ruolo della cultura, e soprattutto dell’arte, di tutte le arti, e della poesia in particolare.
La poesia è qualcosa di insostituibile per la formazione dell’individuo, per toccare la sua sensibilità.
E l’esperanto che c’entra? L’esperanto è solo una lingua, penserete. Sia pure una lingua molto bella e particolarmente facile da imparare.
È vero, è una lingua, ma per come è nata e per come vive, è inevitabile che ci sia in essa quella che gli esperantisti chiamano interna ideo. Cioè un’idea in qualche modo insita ed è quella che vorrebbe l’affratellamento di tutti i popoli, di tutte le nazioni.
Tutti gli esperantisti possono vantare amicizie soprannazionali. Quello che si chiama Esperantujo, il Paese dell’Esperanto, non ha confini geografici ma è diffuso in tutto il mondo, nei cinque continenti e ha radici nei cuori degli esperantisti.
Poesia ed esperanto in fondo sono cose non molto distanti e non è una caso che l’iniziatore dell’esperanto, il russo Ludwik Lejzer Zamenhof, oltre che uno studioso di lingue, anzi direi prima che uno studioso di lingue, fosse un poeta.

Amerigo Iannacone

Stralcio della relazione tenuta a Sant’Angelo di Brolo (Messina) il 18 ottobre, in occasione della premiazione del Concorso “Poesia da tutti i cieli / Poezio el ĉiuj ĉieloj”.


Desiderio

Là nella strada,
al freddo di novembre,
guardo i piedi di anonimo ragazzo
scuro di pelle e li intravedo nudi
dentro sandali stanchi, da strapazzo.
È fermo, affascinato, a una vetrina
che propone il conforto del cammino:
scarpe costose, belle, raffinate,
già pronte per il gelo ormai vicino.
Sospira. Poi affonda nelle tasche
le mani, dentro un vuoto desolato,
e se ne va con il desío d’estate
sognando, forse, scarpe a buon mercato.

Lucia Barbagallo


VERSETTI E VERSACCI
di Bastiano

Avanzamento sociale

Prima era uno scopino
poi diventò spazzino
e quindi netturbino.
Oggi, com’è logico,
può vantarsi di essere
operatore ecologico.

  • Autore
  • AA.VV.
  • Titolo
  • Poesia da tutti i cieli 2016
  • Collana
  • Premio Poesia da tutti i cieli
  • Pagine
  • 192
  • Anno
  • 2016
  • Prezzo
  • € 18,00

Questa terza edizione del premio ci ha arricchiti di una nuova esperienza. Ha favorito nuovi incontri, ha fatto sbocciare nuove occasioni di confronto e di intesa perché la poesia è un infallibile strumento di unione anche a distanza, nell’offrire la possibilità di condivisione del momento creativo, momento magico, irripetibile, che consegna al lettore immagini inedite, a volte lievi, accattivanti, rasserenanti, altre volte forti con spunti di riflessione che lo inducono a considerare angolazioni nuove dei problemi che ci avviluppano in questo teatro del mondo.
E l’Esperanto – ne abbiamo ulteriore conferma – ben si sposa con la poesia di cui veicola i messaggi navigando attraverso i “cieli” dei cinque Continenti ed è un linguaggio della pace e dell’affratellamento fra i popoli che non conosce barriere. Il Premio, già patrocinato dal Comune di Sant’Angelo di Brolo e dalla Federazione Esperantista Italiana, que-st’anno ha ricevuto il gratuito patrocinio del Comune di Librizzi e di alcune associazioni culturali che ne condividono le finalità e con le quali si intende collaborare. E sono le sezioni di Messina dei “Convegni di cultura Beata Maria Cristina di Savoia”, dell’“Antonello da Messina”, dell’Aimc (Associazione italiana maestri cattolici), dell’Ammi (Associazione mogli medici italiani) e della Fidapa Messina Capo Peloro.
Il notevole impegno dei componenti della Giuria – e non dimentichiamo la fatica dei traduttori cui va un sentito plauso – che ha operato una selezione accurata delle numerose poesie pervenute, ha consentito, anche quest’anno, di giungere a risultati soddisfacenti, di premiare, cioè, quelle ricche di contenuti e valide nelle opzioni espressive. Perché si sono scelte non parole vuote, ma concetti, pensieri che esaltano valori umani intramontabili, che attingono alla bellezza nel senso piú ampio del termine, che esprimono sentimenti autentici e soprattutto una forte partecipazione emotiva a situazioni e ad eventi drammatici del nostro tempo. Perché – e lo sottolinea anche Giuseppe Campolo – «il poeta deve essere uno di quelli che devono preparare il mondo nuovo». «Il poeta è un grande artiere» cantava Carducci in “Congedo”, perché forgia le coscienze, e ci consegnava la metafora del fabbro che, col vigore dei suoi «muscoli d’acciaio», modella il ferro.
Parole poetiche, dunque, quelle che il lettore troverà in questa antologia, permeate di vita, del quotidiano a livello individuale e collettivo,
espresse nello stile a ciascuno congeniale, presumibilmente maturato nella frequentazione dell’alta poesia che educa l’orecchio all’«armonia che la governa» e che – è superfluo dirlo – non coincide col lenocinio della rima. «Non esistono problemi di linguaggio, sperimentalismi innesti e derivazioni da altre letterature che abbiano valore normativo. Ogni poeta si crea lo strumento che crede essergli necessario.» Cosí Montale che intendeva restituire il libero volo alla poesia, senza escludere, però, il rispetto delle regole basilari.
Vari i temi trattati dai concorrenti, come quello della memoria che si sviluppa – nella lirica cui è stato assegnato il primo premio – nella cornice di una natura carica di colori e di profumi mentre nell’aria sembra svelarsi il mistero dell’universo, o quello dell’Alzheimer (terzo premio ex aequo) di drammatica attualità con la scia di dolore e di interrogativi che l’accompagna. Ed ancora storie antiche di dolore, fatica e rinunzie di uomini vittime anche di prepotenze e soprusi “raccontate” da alberi millenari mentre il poeta vede «lacrime rincorrersi / sulle guance rugose / ove il tempo è artiglio rapace / a dirci di antiche ferite / e silenti speranze mai sopite.» (“Patriarchi di memoria” classificatasi al terzo posto ex-aequo). Ancora attualità nella struggente poesia pervenuta da Taiwan e dedicata alle vittime di guerra: «Era una piccola ragazza. / Era una ragazza sola / … / Dietro, / lontano bruciava l’incendio, / … il suo villaggio era nell’incendio lontano, / tutto il suo mondo era nel lontano incendio / … / Al margine della strada ella si sedette e appena udibilmente singhiozzava.» (“Incendio” - Premio Fei per la migliore poesia in Esperanto).
E sono ancora drammi del nostro tempo ad ispirare i poeti come quello che si è aggiudicato il Premio Edizioni Eva: «Dorme Aylan sulla spiaggia di Bodrum. / Profondamente dorme, e le manine, / fragili remi, esili foglie esauste, / riverse e arrese abbracciano l’approdo.» Immagini delicate, tenui e insieme forti, che inchiodano a quella scena – tra le migliaia che continuano ahimè a susseguirsi – che sprigiona un dolore collettivo immenso.
E c’è in “Occhi chiusi” (Menzione speciale di merito) lo slancio dell’autrice che, immedesimata anch’essa nella tragedia dei migranti, vorrebbe «spostare mondi // per portare su una zattera di terra / le giova ni folle di fantasmi / in un luogo di voli e di silenzi / dove la pace è brezza sopra il mare.» Abbiamo citato alcuni versi a mo’ di esempio, ma certamente il lettore sarà attratto da molti altri temi oggetto delle poesie finaliste che trovano posto in questa antologia sapientemente curata da Giuseppe Campolo e dall’editore Amerigo Iannacone, ai quali va la gratitudine della Giuria.

Anna Maria Crisafulli Sartori

  • Autore
  • Raffaele Del Re
  • Titolo
  • La ploranta gasto
  • Pagine
  • 88
  • Anno
  • 2016
  • Prezzo
  • € 12,00
  • Isbn
  • 978-88-97930-91-4


Unuavide stultaj kaj malfidindaj aspektis tiuj knaboj, eble dekkvar- aŭ dekkvinjaraj, kiujn mi trafis hazarde piedirante tra mia hejma strato. Mi klare vidis ke ili serĉis viktimon por siaj fiaĵoj kaj mi, kun mia blanka hararo kaj mia promenbastono, aspektis perfekta mokcelo. Dum ili alproksimiĝis laŭte voĉante, ili montris min per mansignoj maldelikataj; baldaŭ ili vokis min ĥore kriante: «Ho, sinjoro! Kia ŝanco trafi vin ĝuste hodiaŭ! Aŭskultu! Ni devas atentigi vin!»
Pli volonte mi daŭrigus mian paŝadon; tamen, mi haltis kaj lasis ke la planita stultaĵo eliru el iliaj buŝoj.
Ili ne estis sufiĉe lertaj por ordinara ŝerco. Pri alimondano ili fuŝparolis; sed ne pri kutima alimondano, kun verda haŭto kaj antenoj, nek pri horora alimondano, kun dekoj da kruroj aŭ tentakloj. Nenion ili diris pri ĝia aspekto; nur ili asertis ke ĝi alteriĝis per flugdisko sur mian etan balkonon kaj tie loĝas, ĝemante ĉiun nokton dum pluraj horoj.
«Ĝi ne estas malbona» «Ĝi daŭre ploras» «Ploras kaj kantas» «Ni aŭdis ĝin nokte dum hejmreveno». Ili parolis ĉiuj samtempe, tiel ke mi malmulton komprenis.
Alimondano ploranta! Ne indis komenti. Ne indis respondi. Ne indis eĉ rideti. Mi rigardis ilin severmiene kaj preteriris senvorte.
Mi supozis, ke mi ne plu pripensos tiun strangaĵon. Nokte, tamen...
Ĉu ne okazas ankaŭ al vi, vekiĝi meze de la nokto kun la menso agitata de memoroj el la antaŭa tago? Kiam mi spertas tion, mi stariĝas kaj vagas tra la domo silenta (post la morto de mia edzino mi loĝas sola), ŝaltante ĉiujn lumojn, ĝis prenas min sufiĉe da laceco por reendormiĝo.
Ankaŭ tiun nokton mi vekiĝis. Mi rememoris la knabaĉojn kaj la ĝemantan alimondanon kiu iliadire loĝas kun sia flugdisko en mia balkoneto. La rakonto de la knaboj aspektis malpli stranga en la silenta mallumo. «Nu, kial vi taksas la historion mallogika?» argumentis parto de mia men-so. «Malvera, konsentite, malvera; sed ne mallogika.»

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  • Autori
  • I Poeti Extravaganti
  • Titolo
  • Tremiti 2016
  • Collana
  • La stanza del poeta
  • Pagine
  • 64
  • Anno
  • 2016
  • Prezzo
  • € 10,00

E dieci! La prima volta che andammo alle Tremiti, dieci anni fa, non credo pensassimo che ci saremmo tornati per altre nove volte, che avremmo incontrato tanti altri amici. In realtà, dieci anni fa si pensava ancora di incontrarci ogni anno in un posto diverso, soprattutto da raggiungere con un mezzo diverso: la prima volta, l’anno prima, era stato il treno, appunto “il treno dei poeti”, come battezzammo l’ormai soppresso treno Pescolanciano-Campo di Giove. Poi venne “La corriera dei poeti”, nel 2007 (a Itri e Campodimele), e infine – dal 2008 senza interruzione – “La nave dei poeti” è diventato un appuntamento stabile.
Alternando San Nicola a San Domino, sulle Isole di Diomede (che bel nome, peccato l’abbiano cambiato...) abbiamo compiuto anno per anno frammenti di un percorso amoroso – tanto per parafrasare un grande... – abbiamo celebrato il rito della parola condivisa, abbiamo costruito una ideale casa della poesia nell’aria tersa delle Tremiti che ormai sono un po’ la nostra casa, anche se continuiamo a chiamarci “poeti extravaganti” (la definizione di Ida che ormai ci contraddistingue proprio da quando cominciammo a frequentare le Tremiti).
E intanto, fin dall’inizio, fin dal mio libretto Il treno dei poeti, nella neonata collana “la stanza del poeta”, cominciai a pubblicare le poesie dei partecipanti – quelli che hanno voluto – per conservare le nostre parole e farle conoscere ai partecipanti degli incontri futuri. Cosí è stato, cosí è, anche se non c’è piú la vecchia collana e “la stanza del poeta” adesso è una collana edita nell’ambito delle Edizioni Eva, peraltro a cura dell’amico – e partecipante storico – Amerigo Iannacone.
Alla decima edizione dell’incontro poetico tremitese, come sempre organizzato da Antonio Mucciaccio, hanno partecipato l’11 settembre 2016:
Umberto Cerio, Gilda Cieri Stramenga, Amerigo Iannacone, Virginia Macchiaroli Mucciaccio, Giuseppe Napolitano, Adele Terzano, Luigi Peternolli, Rossella de Magistris, Silvana Amato, portando a 51 il numero complessivo dei “poeti extravaganti” che nel corso di dieci anni hanno dato vita alla simpatica consuetudine dei nostri incontri.
Buona lettura! e auguri a tutti, perché, sulle onde di Diomede o dovunque, la parola sia conforto e traguardo.

Giuseppe Napolitano

  • Autore
  • AA.VV.
  • Titolo
  • Dicono di Eppure
  • Collana
  • Il Cormorano
  • Pagine
  • 114
  • Anno
  • 2016
  • Prezzo
  • € 10,00

L’immagine sullo specchio
(Prefazione a "Eppure")

È subito chiaro il senso di questa operazione editoriale (raccolta di pagine poetiche sparse negli ultimi cinque anni), di questa confessione lirica che Amerigo Iannacone offre ai lettori. Fin dai primi testi, infatti – e si direbbe addirittura fin dal titolo, che è un manifesto d’intenti –, leggiamo le giuste chiavi per entrare nel libro, nella sua trama tematica; leggiamo le pa-role/emblema, gli stilemi, i versi che ci dicono come orientarci, parlandoci delle sue problematiche esistenziali – che sono le nostre –, filtrate dalla sua (ben nota, a chi lo segue ormai da sempre) arguta bonomia, dalla sua oraziana misura di vita.
Cominciamo da “Enigma”, perché è chiaro a tutti che «non ci sono spiegazioni» a quello che ci tocca vivere, malgrado certe affermazioni delle scienze o le ingiunzioni della fede (chi ce l’ha), siamo spesso costretti a brancolare nel buio e incapaci di comprendere l’enigma che noi stessi siamo. “Eppure” (e chi sa quanto c’entra Galilei e la sua determinazione scientifica nel voler sciogliere gli enigmi dell’universo), anche se «siamo l’imma-gine / che passa sullo specchio / siamo il vento che fugge», non possiamo evitare di guardarci in quello specchio, nei riflessi che ci dicono a che punto siamo arrivati, quanto abbiamo sprecato e quanto dobbiamo cercare di mettere a frutto per andare avanti: «Tutto / – ogni ora ogni minuto – / fu degno sempre d’essere vissuto». Questa è una reminiscenza di una lezione antica, per la quale si potrebbe ancora scomodare il buon nome di Orazio, ma sono diversi quelli che vengono alla mente. «Anche gli eterei castelli / delle attese / servono alla vita»: proporsi obiettivi aiuta a guardare avanti, mettendo da parte il passato, considerando meglio il peso del presente, che appunto serve a costruire castelli di attesa.
«Aveva forse ragione Pirandello»: non siamo mai solo quello che vediamo, nemmeno quello che ci sforziamo di essere, quando riusciamo ad aggiustare la “corda civile” per presentarci in pubblico: siamo sempre quel che gli altri vedono in noi. Eppure (è proprio il caso di parafrasare l’autore) non ci si può fermare a rimirarsi troppo, ad acchittarci come damerini o fingere aspetti insoliti per adeguarci alle mode: invece si deve mostrare la faccia che si ha, la prima che lo specchio ci rimanda, la piú “normale”.
La poesia è «voce di libertà». Ed è anche «medicina la poesia» – specie quando riporta a galla, magari anche con una punta di amarezza o disillusione, momenti lontani, memorie sopite eppure vive nella cassaforte dell’animo che tutto custodisce...Cosí «Ritorna rinasce rivive il candore / di un amore lontano»: è solo una pallida immagine, ma per un attimo è vita vera, è rivissuta emozione, e diventa, in poesia, anche testimonianza da condividere. La libertà di esprimersi, infatti, in poesia è necessità di confronto, è apertura di squarci sereni nel quotidiano ombrarsi degli eventi. Ci si trova e ci si ritrova nel gioco delle parole che alludono, suggeriscono e incantano ma pure accendono empiti di umana partecipazione all’universale trottola dell’esistere.
Il paese natale (che è quello in cui ancora vive, il poeta) è lo sfondo ideale per contemplare il vivere dell’umanità spicciola, terreno di privilegiata analisi di un acuto osservatore. E, in quel-l’ambito, la famiglia – come in particolare il figlio che si sposa (nella sezione finale del libro, “Nuptiae”, interamente dedicata al suo matrimonio) – assume un ruolo di ancora maggior valore umano, da considerare e mandare ad esempio, e costituisce – come sempre per Amerigo – un vasto bacino di stimoli letterari, per la forza evocativa che ancora hanno in lui, educato ai classici, alla grande poesia del passato, i rapporti familiari nella di-mensione poetica.
Un’ultima considerazione va fatta sul rapporto che mi lega – da ormai quasi tre decenni – all’amico Amerigo, fratello di avventura poetica. Ci lega appunto la comune passione per la scrittura poetica, non solo: abbiamo entrambi la ferma convin-zione che la poesia (per chi la fa e per chi la usa) possa essere “medicina”, ma in senso lato, nel senso cioè che ci si possa riconoscere nelle parole di un altro, riconoscerle come proprie e provarne dunque conforto. Medicina dunque adatta a situazioni diverse, ogni volta che nel dolore dei giorni si avverta il bisogno o solo il desiderio di una voce amica, di una parola buona.
Il fatto infine che Amerigo Iannacone sia un editore non gli ha impedito, pur avendo a disposizione diverse sue collane per pubblicare un libro, di pubblicarne alcuni nella collana che ho diretto per circa dieci anni, “la stanza del poeta” (nella quale uscirono Versetti e versacci nel 2006 e Oboe d’amore nel 2009). Anche ora entra in una collana da me diretta, e mi onora della sua firma insieme a quella di tanti amici che lo hanno fatto e lo fanno convinti – come lui – che “la stanza del poeta” abbia (anche in questa nuova serie che esce sotto le insegne delle Edizioni Eva) pareti senza porte né finestre, anzi, nemmeno pareti: questa nostra stanza è in definitiva soltanto uno spazio ideale, ove riunirsi ogni volta che si ha voglia, certi di potervi trovare altri spiriti amici, partecipi del grande, serissimo gioco (un enigma da decifrare insieme) che è la poesia quando parla di vita alla vita.

Giuseppe Napolitano