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  • Autore
  • Lino Di Stefano
  • Titolo
  • Pirandello ottant'anni dopo
  • Collana
  • Il Cormorano
  • Pagine
  • 80
  • Anno
  • 2017
  • Prezzo
  • € 10,00
  • Isbn
  • 978-88-94866-02-5


Ancora un libro su Pirandello visto che la letteratura sul grande Agrigentino è sterminata e che, praticamente, è stato detto tutto su di lui?» È la domanda che legittimamente si pone Lino Di Stefano accingendosi a pubblicare questo Pirandello, ottant’anni dopo. E lui stesso risponde che «rimane sempre qualcosa da rivelare su un autore, poeta, scrittore, filosofo, artista, scienziato, etc. e, in particolare, nella fattispecie, considerata la valenza del suo messaggio così intriso di suggestioni, di misteri, di inquietudini, di angosce, di dubbi e di pessimismi».
Allora: era necessario un nuovo libro? Necessario, non lo so. Utile senz’altro sì. Perché, certo, «rimane sempre qualcosa da rivelare», ma anche perché uno stesso autore, uno stesso argomento, uno stesso evento si può osservare e si può presentare da angolazioni diverse.
Se poi chi scrive, si chiama Lino Di Stefano, vale a dire uno studioso che a Pirandello, senza ripetersi, ha dedicato già cinque libri, ancor più sembra opportuno anche un nuovo libro. I cinque libri dedicati all’agrigentino da Di Stefano, come si può leggere anche nella nota bio-bibliografica in fondo al libro, sono: La filosofia di Luigi Pirandello, Piran-dello (Studio critico), Pirandello (Il genio della rappresenta-zione), Bilancio su Kant e Pirandello, Le angosce di Piran-dello. Come si vede, già dai titoli, ogni libro affronta l’ar-gomento da un’angolazione diversa.
Nei diciotto capitoli di questo nuovo libro, Di Stefano analizza sedici aspetti della personalità del grande siciliano, alcuni dei quali poco noti al grosso pubblico, come il “Piran-dello pittore”, cui è dedicato l’ultimo capitolo.
Dice, a ragione, Di Stefano che «Luigi Pirandello, in defi-nitiva, sarebbe stato un ottimo artista se – privo della geniali-tà letteraria e drammaturgica – si fosse dedicato soltanto a tale arte figurativa e vale a dire alla pittura».
Leggendo questo Pirandello ottant’anni dopo, vien voglia di leggere (o rileggere) tutte le opere del drammaturgo, com-prese le opere minori, gli epistolari, ecc. Perché Pirandello è da considerarsi uno dei più eminenti autori (narratore, dram-maturgo, saggista e quant’altro) non solo italiani, ma europei e anche extraeuropei. È una delle grandi figure che fanno onore all’Italia e che sono assolutamente ineludibili.
Pirandello, uno degli autori italiani più conosciuti nel mondo, è stato tradotto, come ci dice Lino Di Stefano, in moltissime lingue. In tempi recenti, nel giugno 2012, in oc-casione del Congresso Italiano di Esperanto tenutosi quel-l’anno a Mazara del Vallo, è uscito un volume dal titolo Luigi Pirandello kaj aliaj siciliaj aŭtoroj (Luigi Pirandello e altri autori siciliani), (Ed. Fei, Milano, pp. 356, € 15,00, ISBN 978-88-96582-02-2). Si tratta di una ponderosa antologia, curata da Carlo Minnaja, che accoglie sedici autori, poeti e scrittori, a ognuno dei quali è dedicata, dopo una scheda bio-bibliografica, una scelta di testi, tradotti in esperanto.
Di Pirandello troviamo brani tratti da Così è, se vi pare (Tiel ja, se al vi ŝajnas); Sei personaggi in cerca d’autore (Ses roluloj serĉantaj verkiston); Il fu Mattia Pascal (La estinta Mattia Pascal), Uno nessuno e centomila (Unu, neniu kaj centmil); e poi le novelle I galletti del bottaio (La koketoj de la barelisto); Il treno ha fischiato (La trajno fajfis) e Di sera, un geranio (Vespere, unu geranio).

Amerigo Iannacone

  • Autore
  • Antonio Vanni
  • Titolo
  • Plasmodio
  • Collana
  • La stanza del poeta
  • Pagine
  • 56
  • Anno
  • 2017
  • Prezzo
  • € 8,00

Dunque "Plasmodio". Sentiamo il De Felice - Duro: "Piccola massa di protoplasma contenente molti nuclei, formatisi per divisione di un nucleo primitivo di una cellula che non ha subìto una parallela divisione dal citoplasma. In Zoologia: Protozoo e genere di protozoi... parassiti... provocano la malaria...
Giuseppe Napolitano, prefatore (oltre che fondatore e direttore della collana) ne scioglie lo scientifico enigma operando, del titolo, una scansione sillabica.
Ma, sillabando, ne viene: pla-smo-dio.
Per me il mistero rimane.
E si dipana, invece, dalla lettura, che conferma anche nelle soluzioni linguistiche nuove distribuite tra le pagine, il connotato identificativo della produzione letteraria dell'intellettuale isernino, e cioè che la sua poesia sarebbe un errore andarla a cercare in un messaggio che si srotoli lungo le direttrici del discorso compiuto: l'interiore, complessa essenza di un autore come Vanni, caratterialmente votato all'introspezione, dal puntiglio autoanalitico per nulla scalfito dagli anni che pure trascorrono impietosi, non può che esternarsi per sequenze alogiche, sintatticamente dissociate, in ciascuna delle quali percepire - mi si passi l'espressione, "a orecchio" l'intenso flusso emotivo, l'inseguirsi di pulsioni dello spirito che, formalizzandosi, vanno a coaugularsi in sintagmi autonomi, ciascuno dotato - per così dire - di luce (e pregnanza) proprie. Gli esiti - come l'acqua pura che prende colore dal vetro in cui s'accoglie, s'adeguano ai gusti, alle radici culturali, alla sensibilità, ai substrati psicologici, al quoziente intellettivo - infine - di chi legge, conseguendo, in questo, un dilatarsi degli spazi sintonici, a parer mio, tra i migliori risultati conseguiti da Antonio Vanni

Aldo Cervo

Foglio Volante n°4 Anno XXXII Aprile 2017


Tommaso Landolfi: il piú grande

Narratore e scrittore (annullata in lui ogni distinzione o differenza tra l’uno e l’altro), dal tono antico e dal piglio moderno; austero e ilare; solitario e generoso; inventore instancabile di storie assurde e inquietanti; di linguaggi raffinati e beffardi; voce italiana a gara con quella russa di un Dostoevskij o di un Gogol: tutto questo, e oltre e altro, Tommaso Landolfi (Pico, Frosinone, 1908 - Roma 1979).
Poeta, se mai ce ne furono, in ogni sua opera, in ogni sua frase e in ogni parola: nessuno seppe come lui ridare linfa vitale ad un linguaggio che l’aveva perduta, e rivestire di classica regalità termini o blasfemi o plebei. In questo, e fortunatamente solo in questo, un nuovo D’Annunzio: nella sapiente e disinvolta capacità di esternare le parole più armoniose della lingua e l’armonia più profonda delle parole.
Ma mentre D’Annunzio sprecava un tale virtuosismo linguistico giuocando con la sicura e rassicurante esistenza del nulla, Landolfi fu fino all’ultimo impegnato a esorcizzare la possibilità che il nulla nasconda il suo contrario.
Piú grande, perciò, del D’Annunzio. Ma non solo. Piú grande di tutti gli autori, in prosa e in versi, del nostro Novecento. In questo primato, insidiato forse soltanto da un altro creatore come lui di mondi e di linguaggi straordinari: Carlo Emilio Gadda.
Tommaso Lisi


A Tommaso Landolfi

La bocca di certi critici ha una lingua che non perdona!
Cosí di te va dicendo ch’eri soltanto
un trapezista del linguaggio, un acrobata
della parola. Ma tu “volavi senza rete”,
mentre chi di te cosí parla lo fa stravaccato in poltrona.
Tommaso Lisi


La magia

Voglio questa sera
pensarti,
ma la magia della notte
ti allontana da me
come il tempo dai meridiani.
Vorrei fermare la terra,
per poi fermare il tempo,
e il giro delle coincidenze terrestri.
Così, ferma, mi aspetterai.

Arjan Kallço
Korcë (Albania)


Appunti e spunti
Annotazioni linguistiche
di Amerigo Iannacone

Il virus anglogeno

Mi scrive un amico del Foglio volante: «Ciao Amerigo, mi piacerebbe che tu facessi, con la solita verve, un articolo su open day, la scritta che campeggia in tutte le scuole, perfino sulle inferriate del Liceo “Pollione” formiano. Magari lo avessero scritto in latino, capirei l’antifona, ma studiano le lettere classiche e non trovano un’espressione equivalente a quest’inglese che se ne esce dall’Europa per restarci attaccato alle meningi! Cordiali saluti, A. Villa».
L’espressione equivalente c’è sempre (in questo caso basterebbe “inaugurazione”) e qualora non esistesse già, si potrebbe sempre coniare. Quello che non funziona sta nella nostra testa: si tratta di una sorta di virus che sopravvive nutrendosi di pigrizia intellettuale, di servilismo o piaggeria verso quelli che si considerano i padroni, di un provinciale e rozzo tentativo di sprovincializzarsi. Con il beneplacito di chi ci governa che non solo avalla, ma incentiva la mania anglofila coniando espressioni come “jobs act”, “day hospital”, “social housing”, “premier”, “welfare”, “stepchild adoption” e via farneticando. Il morbo è purtroppo cronicizzato: difficile da curare. Pure, direi, seppure debilitati, non abbandoniamo la speranza.