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  • Titolo
  • Dolci, giocosi ricordi
  • Autore
  • Silvio Prezioso
  • Pagine
  • 136
  • Anno
  • 2015
  • Prezzo
  • € 12,00
  • Isbn
  • 978-88-97930-45-7


Prefazione
“Tutti i grandi sono stati bambini una volta”.
                                   (Da Il Piccolo Principe)

Dopo anni di studi e meticolosa ricerca, cucite insieme l’esperienza, le conoscenze personali e le fonti ravvisate nell’arco di vent’anni di osservazione della realtà frosolonese, nasce questo libro, per il quale, l’amico Silvio mi ha invitato a scriverne l’introduzione. A seguito della gentile, gratificante e inaspettata richiesta e, soprattutto dopo aver letto le pagine che seguono, naturale è stata la scrittura di queste poche righe che spero racchiudano al meglio il senso del libro.
Silvio, dunque, dà vita a questo scritto, nel quale, depurata la mente dal mero ricordo, rivive egli stesso e fa rivivere in tutti noi, un passato che fu... giocoso! Il gioco, protagonista delle righe, diventa guida per il lettore, che si aggira cosí tra le sfaccettature della propria identità e, allo stesso tempo, tra i vicoli di Frosolone, tra le antiche emozioni, tra gli affetti di un tempo, per tornare finalmente ad oggi, consapevole dell’arricchimento interiore di cui i ludi della sua infanzia lo hanno colmato.
Sí, proprio il gioco diventa descrittore di tutta una vita! Da elemento paideutico, di fondamentale importanza per la crescita del bambino, perché momento di creatività, di conoscenza e di relazione con gli altri e con lo spazio esterno, diventa elemento di analisi antropologica.
I giochi, infatti, rispecchiano uno status sociale ben preciso, un determinato periodo storico e sono pertanto una fonte storica. Ritengo che sia questo il merito di Silvio: partendo dalle descrizioni dei giochi dei bambini di Frosolone quando la TV era in bianco e nero, passando per i primi contatti avvenuti in forma ludica tra le mamme e i propri figli, e via via ai divertimenti col padre, egli fotografa e tramanda una realtà su base scientifica.
Cosí, partendo dai giochi entro le mura domestiche, descrive quelli svolti all’esterno come la palla, mazze e píuze, l’azzícche..., per arrivare a descrivere esce Girolamo, o per canticchiare le puerili filastrocche e gli stornelli di un tempo. E ancora i divertimenti dei bambini col monopattino, lo scambio delle figurine fino al telefono senza fili...
Tutti i giochi, dei quali ho citato solo alcuni, vengono descritti dettagliatamente nel loro regolamento e funzionamento e sono correlati a divertenti “marachelle” inscenate da bimbi frosolonesi ormai adulti, i cui nomi compaiono nel testo, generando stupore e riso in noi lettori!
Dunque, sentimenti, emozioni, e al contempo ragazzi canzonati dai grandi, lotte tra quartieri, punizioni della serie “quande ereviè a la casa ia l’avet!”, riempiono un crogiolo di dolcezza e affetto, filtri con cui Silvio ricorda la sua infanzia nel discorrere delle righe. Noi lettori potremo simpatizzare con Silvio, il quale in fondo altro non desidera se non il perenne legame con la nostra realtà, che può essere ancor piú amata se la guardiamo con gli occhi dello stupore e della meraviglia.
Credo infine che lo scritto lasci una scia di malinconia ed in parte di invidia in noi giovani d’oggi, figli di una società “socialnetworkizzata” che nulla riesce a vivere se non un triste contatto virtuale con se stessi e con gli altri. Il contatto fisico con gli amichetti, i profumi primaverili respirati a pieni polmoni durante una corsa, le “sbucciature” alle ginocchia per una caduta, le urla delle mamme affacciate alle finestre, sono ormai relegate all’orizzonte dei ricordi e Silvio, con la profondità concettuale del suo scritto, ci invita ad attingere giocosamente a quelle vive emozioni di un tempo che ancora oggi sono di fondamentale vitalità per tutti!

Mimma Fazioli

  • Autore
  • Giuseppe Napolitano
  • Titolo
  • Cartoline da Gaeta
  • Collana
  • La stanza del poeta
  • Pagine
  • 80
  • Anno
  • 2015
  • Prezzo
  • € 8,00

L’anima profonda e pulsante di Gaeta respira e pervade questa originalissima opera di Giuseppe Napolitano: le strade e i paesaggi, gli uomini e le donne, la storia più antica e il presente più com-plesso, rivivono in ogni verso, in ogni immagine dipinta tra queste pagine. Escono fuori da queste cartoline, e si materializzano quasi davanti ai no-stri occhi, tutti gli angoli che fanno grande, e quasi incomprensibilmente bella, la nostra Città, dal Campanile a San Giovanni a Mare, dal lungomare di Serapo alla Cappella d’oro, a tutti i preziosi “scrigni” che si perdono e si nascondono tra le sue strade e i suoi marciapiedi. E dentro questo universo sono dipinti i mille volti degli uomini che la vivono e la popolano, come formiche sulla spiaggia di Serapo vista dal mare di Fontania, come pescatori che con delicato ed energico gesto intrecciano i fili del proprio lavoro alla ricerca di orizzonti più grandi, come i vecchi che alla Vecchia Stazione “inseguono il sole d’inverno e l’ombra d’estate giocando ai tavolini”.
Queste cartoline sono il prezioso frutto di una riflessione che unisce cuore e mente del poeta in quasi venti anni di vita, dalle prime impressioni che colpirono i suoi occhi quando giunse nella terra di Planco ed Enea, alle suggestioni che spinge il vedere Gaeta dalla finestra di Formia, fino alle emozioni e delusioni che la realtà di oggi offre a chiunque voglia ancora sorprendersi ad amarla. Non può non colpire l’amarezza che trapela dai versi dedicati alla “stranezza” della vita politica locale, alla incomprensibile mancanza di attenzione per la “bellezza” da cui invece siamo straordinariamente circondati e che purtroppo non compren-diamo fino in fondo. Perciò Gaeta appare come una “Femmina indolente... affacciata ai bordi della storia”, alla quale sfuggono le occasioni più importanti e più belle, così come fuggono via gli anni a segnare le belle facciate di chiese e monumenti.
Eppure “Gaeta la bella” continua a far innamorare di sé, da qualunque luogo giungano i suoi “ultimi ospiti”, continua ad affascinare, con la sua lunghissima storia e il suo rimanere instancabilmente aggrappata ad essa, forse troppo, forse troppo poco. Così ha fatto con i poeti del Mediterraneo che Giuseppe Napolitano ha radunato qui, trasformando il nostro porto e la nostra rada nell’approdo felice di versi che mai così belli furono composti per questa terra. Sarà forse questo “sangue di mare che pulsa dentro il nostro cuore”, o forse la “memoria d’antico che attraversa le vie e si diffonde sui muri... restando incisa nei pensieri degli uomini”, ma questa magia continua ad incantare e sorprendere, anche se poi ad aspettarci all’alba restano i sogni e i gesti incompiuti nel tempo da tutti coloro che a Gaeta hanno dedicato un pensiero.

Sabina Mitrano
Assessore alla cultura del comune di Gaeta

  • Titolo
  • En Ĝojo kaj Ploro
  • Autore
  • Manjo Verdulino
  • Collana
  • Tri Steloj
  • Anno
  • 2015
  • Pagine
  • 72
  • Prezzo
  • € 10,00
  • Isbn
  • 978-88-97930-08-2


Antaŭparolo

La poezio ne havas geografiajn ĉirkaŭlimigojn kiel ne havas ĉirkaŭlimigojn la lingvo Esperanto. La poezio apartenas al la mondo kaj al la mondo apartenas Esperanto. La poezio parolas al la koro antaŭ ol la orelo de la homo kaj Esperanto parolas pri racio, homamo kaj frateco inter la homoj.
Multaj estas la esperantistoj, kiuj verkas aŭ klopodas verki poemojn, kaj eĉ iuj kiuj neniam verkis eĉ unu verson en sia gepatra lingvo, kiam ili esperantistiĝis ili komencis verki. Kaj estas interese – mi ne parolas kompreneble pri atingitaj rezultoj – konstati, kiel Esperanto allogas la poetojn. Vere estas ke tiuj, kiuj alproksimiĝas al Esperanto, estas ja personoj pli sentemaj kaj ofte pli kleraj ol la meza homo, sed estas vere ankaŭ, ke Esperanto, pro sia eŭfonieco, pro sia muzikeco, pro sia fleksebleco kaj ankaŭ pro sia internacieco, taŭgas pli ol aliaj lingvoj por la poezia verkado.
Kaj se Esperanto allogas verki poemojn eĉ tiujn, kiuj neniam estis verkintaj poemojn en sia gepatra lingvo, ĝi eĉ pli allogas, kompreneble, tiujn kiuj jam verkadis poezion antaŭ lerni Esperanton.
Unu el tiuj estas la aŭtorino de tiu ĉi libro, kiu – profesorino pri eksterlandaj lingvoj – antaŭ ol en la internacia estis verkinta poemojn en pluraj lingvoj.
La nomo Manjo Verdulino estas, kiel oni povas facile kompreni, pseŭdonimo. Pseŭdonimo per kiu la poetino intencas evidentigi sian amon al Esperanto kaj sian strebon al la internacieco (ŝi eĉ ne diras al ni, en kiu ŝtato ŝi loĝas, sed diras nur, ke ŝi loĝas en Eŭropo). «Mia patrujo – ŝi skribas – estas la mondo. / Mia haŭto havas la kolorojn de la ĉielarko. [...] Mi parolas Esperante / pri la paco universala.»
Pluraj temoj trairas tiun ĉi poemaron, unu el la plej oftaj kaj signifoplenaj estas la religia temo, kaj tre ofte la versaĵoj fariĝas preĝoj: «Kie estis Vi, Disinjoro, / kiam mi ploris? / Mi ne povis vidi Vin... / Mi estis en la vento / sekiganta viajn larmojn... // Kie estis Vi, Disinjoro, / kiam mia koro / bruladis pro la doloro? / Mi estis en la pluvo / refreŝiganta vin… // [...] Kie estis Vi, Disinjoro, / kiam mi estis soifa / kaj malsata? / Mi estis kaj estas / en la Eŭkaristio, / Kiu vin nutras / kaj malsoifigas / por ke ne plu / vi mortos…»; “Preĝo”: «Disinjoro, / multajn aĵojn / mi ne volas. / Nur ombrelon / kiam pluvas, / varman kovrilon / kiam frostas, / [...] ke / ĉiu homo / ĉiam memoru / pri la bono / de la homaro!»
La spiritecon ni tre ofte renkontas en la libro, sed ni trovas plurajn aliajn sentojn, precipe la amon. La amo estas temo, kiun ni trovas laŭ ĝiaj pluraj sencoj: la amo por la naturo; la amo por la naskiĝloko («En mia bela vilaĝeto» kie «la koro amas / eĉ la rubojn»); la amo por la partnero («Mi bezonas / kisi lipojn, / karesi vizaĝon, / brakumi iun forte, / koron pulsantan / unisone / kun la mia, / dolĉajn vortojn susuratajn…»). Kaj ni trovas ankaŭ atentemon kaj homaman senton al la aliaj, ĉefe al la plejaj bezonuloj (“Vagisto”, “Maljunuloj” kaj eĉ “Malfeliĉa hundo” kiun oni forĵetis «kiel ŝuaĉon»).
Tre bela la poeziaĵo dediĉita al nia majstro Zamenhof, titolita “Ho, Ludoviko Lazaro!”: «Neniu deklaris / vin sanktulo / ĉar miraklisto vi ne estis, / ho, Ludoviko Lazaro! // Sed viro kiu al mondo proponas / fratecon, amon kaj egalecon / por mi estas la plej sankta en la homaro!»
Konlude, en tiu ĉi libro ni trovas “ĝojon kaj ploron”, kiel en la vivo ni renkontas ĝojon kaj ploron. Kaj ni trovas, evidente, ankaŭ momentojn de pasio – ama pasio, ideala pasio, religia pasio –; momentojn de sereneco, momentojn de kortuŝo.
La verkmaniero de Manjo Verdulino estas tuja, senpera, sen apartaj leksikaj preciozemoj, sed ĝi estas efika kaj plaĉa. La versoj estas ĝenerale liberaj kaj sen rimoj kaj tamen ili plutenas iun sian agrablan internan muzikecon.
Tiu ĉi estas la unua esperanta poemaro de Manjo Verdulino, kiu jam estis publikiginta librojn en aliaj lingvoj, se ni povas diri, ke ĝi atingis tute pozitivan rezulton, kiu estas inda resti en la Esperanta literaturo.

Amerigo janakono