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Vento di brughiera

  • Autore
  • Manfredo di Biasio
  • Titolo
  • Vento di brughiera
  • Collana
  • Premio Venafro
  • Pagine
  • Anno
  • 2002
  • Prezzo
  • € 9,00
  • Isbn


È un risultato non da poco per Manfredo di Biasio essere passato attraverso una memoria deliberiana lungamente e fecondamente attiva ed essere riuscito a conquistare uno spazio sempre più ampio e ben delineato per la propria poesia, raggiungendo una sicura originalità. Il risultato è tanto più apprezzabile quando si consideri che la poesia di di Biasio, come quella di De Libero, pur non mancando di una corda ironica, ha tuttavia anch'essa un carattere essenzialmente lirico elegiaco. Si aggiungano la comune nascita fondana, la precoce conoscenza dell'uomo e dell'opera fatta a poco più di vent'anni e un'amicizia durata fino alla morte del molto più anziano poeta, grande faro degli scrittori e degli artisti della zona, a partire dalla generazione di De Santis e di Purificato fino ad oggi. Circostanze, queste, che rendevano più ardua e, quindi, degna di maggiore stima la conquista, da parte di di Biasio, di una propria autonomia di scrittore. Leggendo la ricca antologia Dal sangue alla polvere (Edizioni Confronto, 1997), bel titolo che fa il paio con l'emistichio caproniano «dal sangue al sasso» e che raccoglie la produzione dal 1960 al 1996, possiamo seguire da presso l'itinerario poetico di di Biasio e constatare un progressivo affinamento (proprio nel segno del rigore e del labor limae raccomandati da De Libero) e insieme la conquista di una voce sempre più personale e autentica, di un equilibrio sempre maggiore tra la fedeltà al Maestro e quella alle proprie più intime ragioni.
A distinguere nettamente la poesia di di Biasio da quella di De Libero vi sono esperienze di vita e caratteristiche di stile radicalmente diverse. Le ferite, i traumi, le disdette di De Libero ( a parte il dramma della guerra) vengono soprattutto dai lutti familiari e da esperienze amorose intense e dolenti; quelle di di Biasio, invece, da dure esperienze di lavoro e da un lungo e sofferto soggiorno americano, del quale sono materiati la raccolta di poesie Stagione propizia e il volume di racconti Il vecchio di Staten Island (Cultura Duemila, 1994), tutti di qualità prestigiosa, per linearità, essenzialità, giustezza di tono e verità, a testimonianza di un di Biasio anche autentico narratore, quale De Libero auspicava fiorisse accanto al poeta. Altra distinzione profonda è nel diverso atteggiamento e lamento per torti subiti (parte veri, parte immaginari), di finale ripudio da parte di De Libero; di una fedeltà, di un amore incondizionato e totale da parte di di Biasio. Ma le differenze che più contano riguardano lo stile; ellittico e corrusco al massimo quello di De Libero, come lo richiedevano il suo temperamento e la modernità degli anni Trenta; più pacato e disteso quello di di Biasio, ed è questa la caratteristica maggiore della più attuale modernità sua e di molta poesia della seconda metà del secolo scorso.
Questo Vento di brughiera è bilancio di vita, cammino a ritroso verso il passato anche più remoto, affollarsi di ricordi e rimpianti nella prima sezione; è soprattutto una trama di presagi (parola chiave) nella seconda; mentre su tutto il volume soffia un vento che è simbolo del veloce, inesorabile e indifferente trascorrere del tempo terreno. A ben guardare, è un percorso circolare: «Tutto passò così in fretta […] // Fossero i giuochi e quei giorni / durati per sempre / nell’orto di Gegni: ancora il canto m’invade / della minima loro eternità», lamenta il poeta nella prima lirica, e proprio Eternità breve è il titolo di un volume che raccoglie le poesie degli anni ‘60-’62 . Il che testimonia un sentimento precoce e continuo della brevità della vita, mentre il ricorrere ossessivo di uno stesso tema nel poeta, quasi gli appartenga in esclusiva, è una delle prove certe dell’autenticità della sua vocazione.
Sono presenti tutti i luoghi dell’infanzia e della giovinezza, tutte le persone care, compresi gli amici, alcuni celati, per discrezione e pudore, dietro le sole iniziali. E in ciò risalta un fortissimo sentimento della famiglia e dell’amicizia (ben presente anche nelle altre raccolte poetiche e nei racconti). Inesauribile è in di Biasio la ricchezza delle immagini, per esprimere nel modo meno piatto e banale i temi più importanti. La morte è, di volta in volta, «l’estrema partenza», «lontananza senza ritorno», «sonno supremo degli occhi», «sonno infinito», «bivio indefinito», «l’eternità senza luce», «un’ora senza volto»; mentre l’uomo viene definito «isola di solitudine», «bene minimo racchiuso / in un attimo del sempre», «isola vuota nel cosmo», «una comparsa breve / all’estremo del millennio», «peso d’aria», «profumo di un’ombra», «un barlume di linfa», «un moto d’aria / anonimo». E basti così. Ma non si pensi a una poesia solo visiva, tesa a destare meraviglia con la ricchezza delle immagini e delle metafore. Al contrario, a monte di ogni singola composizione c’è una lunga, attenta riflessione, alla ricerca di una verità anche minima, che illumini, sia pure di poco, il senso segreto, il mistero della vita. E l’attenzione si concentra, amaramente, soprattutto sull’ineluttabile passaggio «dal sangue alla polvere (come si è visto), «dalla luce al buio», «dalla voce al suilenzio. Ma la rassegnazione, o la resa, non è totale: «Da un cosi minimo / resto di vita / un grido supremo si levi e attraversi l’eternità». E questo grido che può essere anche emesso sommessamente è uno dei compiti di ogni poeta. Né mancano del tutto il sogno e la speranza: «Quel giorno da un cielo immaginario / si attenderà che una mano discenda, / guida materna nel tratto / che nel sonno infinito sconfina.» (Da un cielo immaginario”); «Di là del tempo di tutti / ch’io risenta la voce / che mi chiamò soave / all’alba della mia coscienza.» (“Vicende di nomi”).
Si sarà capito che non ci troviamo di fronte a un autore dotato solo di un notevole talento naturale; al contrario, ogni lettore attento si sarà accorto di avere dinanzi un poeta a sua volta lettore attentissimo non del solo De Libero, e buon conoscitore di tutti i segreti del mestiere. Egli fa, ad esempio, un uso sapientissimo dell’apposizione: «Questo corpo, l’amato recinto / d’una coscienza bene minimo racchiuso / in un attimo del sempre.»; che è un uso che può aver appreso da De Libero (ricordate: «ieri, un millennio fa / oggi un secolo di memorie»). Ma di Biasio conosce bene anche il montaliano correlativo oggettivo: «Nell’orto in cui si attarda il tuo ricordo / si sfarinano al sole / i grappoli della mimosa.» (“Il tempo degli altri”). E i bellissimi versi «Quei venti ti facevano leggera / e la nuvola alzavano / dei tuoi capelli moreschi» (“Venti sull’altura”) sono una cosa tutta sua, ma non possiamo non ricordare «la nube dei capelli» del “La bufera” di Montale, e non solo: nei tre versi citati si sono dati convegno anche echi ben assimilati di De Libero, Ungaretti e Penna. Ma ciò toglie nulla all’originalità di di Biasio, nella cui poesia non vi è mai ombra di imitazione.
Diversamente dal tono della poesia di De Libero che è sempre alto, di Biasio predilige e adopera consapevolmente i toni dimessi, i semitoni. ln “Omaggio minimo”, rivolgendosi alla sua terra, traccia un bilancio della sua vita e della sua opera, e fa un raffronto tra la sua poesia e quella di “altri” (che altri non è che De Libero), con troppa modestia e un’eccessiva autolimitazione: «Di te mi è nell’anima, mia terra, / la pianura odorosa / di cui è fatto il mio sangue. / Da questa penombra si leva / per te un minimo omaggio / (altri nella luce / ti hanno lodata / e sei salita sulle loro ali).
[…] Ma nulla mi devi. / La linfa a me data / ti corteggia in segreto / ora che invecchio e sono / come una casa nel vento / disabitata.»
Si diceva all’inizio dei “presagi” presenti soprattutto nella seconda sezione (“Note sparse”). Sono epifanie che si verificano quasi sempre all’alba, definita con espressioni poeticissime («addio alla notte», «ora di avvio» e altre): «Solo oggi che un presagio / stranamente mi allontana / dal cielo che promette il sole, / ti levi dal silenzio / e mi parli, mi apri lo scrigno / con le essenze che avevo ignorate / ora lucenti» (“Essenze lucenti”). Nell’età tarda della vita godiamo di improvvise illuminazioni. Gli oggetti, le mura di casa ci restituiscono le ansie, le speranze di cui si sono imbevute negli anni, e ci rivelano verità finora tenute nascoste. Ma è tardi, forse troppo tardi. È in questo nucleo segreto di verità, scoperto quando il cammino che resta da percorrere è ormai breve, con l’inevitabile angoscia per il tempo che fugge, il vero dono, prezioso, precario e supremo del libro, la sua più nuova e difficile invenzione.
Ma vogliamo terminare con la segnalazione di una lirica che ci sembra svettare sulle altre, pur di livello molto elevato, e può essere assunta come emblema del vivere e del poetare di di Biasio: “Per una dea (su un'antica moneta)". Una superiore pietà, un grande rispetto per il passato e le civiltà sepolte, un pacato ma acuto sentimento della tragicità e della crudeltà dell‘era presente, un tono delicato, quasi accorato e tuttavia nobile e fermo, la rara felicità dell’invenzione e dell’espressione fanno di questa lirica un vertice non solo dell’intera opera di di Biasio, ma di tutta la poesia italiana ultimi anni.

11 aprile 2002
Gerardo Vacana

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