Uno psicologo vero studia. Lo fa perché il settore di cui si occupa è variegato e complesso, costretto tra i principi e i cambiamenti di scienze diversissime tra loro come la biologia e gli studi antropologici, la chimica e la sociologia, la medicina e il pensiero filosofico. E studia per poter fare: la psicologia è comprendere per potere intervenire e per poter esistere, e non c’è una scienza psicologica che possa prescindere da chi la usa.
Gianni Tadolini è psicologo vero e come tale studia gli aspetti che le varie epoche che stiamo attraversando e i cambiamenti che esse portano nelle conoscenze mediche, biologiche, filosofiche e delle scienze umane, ci propongono via via. Li studia per capirli, li studia per trasmetterli ai tanti allievi che lo accompagnano nel suo cammino di ricerca e di pratica operativa. Studia anche le molecole, i recettori, i protocolli sperimentali, e in questo testo ce li propone con la semplicità che sempre accompagna chi sa che la ricerca è un processo dinamico che mai può offrire certezze senza aprire dubbi in egual quantità. E con l’umile pazienza di chi sa bene che proporre un risultato o un dubbio è prima di tutto aprirsi alle domande che un lettore, prima o poi, verrà a porci.
Perché uno psicologo vero ascolta. Ascolta gli anni che attraversa durante la sua vita e i maestri che incontra, facendosene figlio, come Gianni con Basaglia e Minguzzi. E ascolta soprattutto i suoi pazienti, attento a non cadere nei tranelli delle mode e delle finte certezze. Gianni Tadolini è psicologo vero e come tale ascolta, col desiderio di apprendere dell’assetato che si china alla fonte. E tutti noi, giovani o ormai vecchietti, invece di consegnarci alla vis sindromica dei DSM, ascoltando soltanto ciò che rientra nei piccoli stereotipati schemi con cui le statistiche ci misurano nell’illusione eterna di una sicurezza scientifica che in psicologia mai c’è stata e mai ci sarà, dovremmo trarne il messaggio che anche questo, come ogni suo scritto, ci manda: di stare a orecchie aperte.
Cosí, mentre studia ed ascolta, uno psicologo vero rielabora e critica. Perché il nostro è un mestiere che mai prescinde dal passato e dal dubbio sul presente e che, anche quando delle illusioni coglie la verità interiore ed intima, mai le trasforma in dettato scientifico o in norma di esistenza. E Gianni, che è psicologo vero, critica eccome, anche quando si ritrova come qui a parlare di farmaci in un’epoca nella quale l’illusione dell’onnipotenza delle molecole accompagna da vicino l’operare degli psicologi e degli psichiatri. Quella illusione che non è contemporanea, ma anzi vecchia, vecchissima, perché è quella dell’eterna giovinezza, modificatasi solo per questa chimica contrapposizione a Lorenzo de’ Medici che oggi ci urla, da ogni dove, «del doman vi sia certezza!». Un’illusione su cui spingono la moda e l’industria commerciale, come Gianni fa emergere con acuta attenzione, e a cui collabora la medicina, non quella che studia ascolta e critica, ma quella di moderni cerusici per nulla dissimili dai loro antenati professionisti di salassi e di latinorum: chirurgie di ogni tipo, allungamenti d’ossa e di scheletri, trapianti, reimpianti… e pillole, pillole della felicità. Come se l’anima ormai potesse essere definita sulla base della sua capacità di rispondere ad una sostanza chimica piuttosto che sforzarsi di capirne i contorni e i contenuti. C’è sempre di piú l’impressione che i farmaci antidepressivi siano considerati tali se funzionano nelle situazioni di ansia e di depressione, la quale peraltro è definita come un insieme variegato di realtà che hanno in comune la risposta positiva ai farmaci antidepressivi. Come se si dicesse che gli analgesici sono farmaci in grado di cancellare il dolore, il quale, peraltro, è definito come l’insieme delle situazioni che scompaiono con gli analgesici… È per questo che oggi piú che mai uno psicologo vero deve studiare e ascoltare per poter criticare. E questo breve manuale, come ogni libro di Gianni Tadolini, ne è un esempio costante in ogni pagina e in ogni pensiero.
Perché, infine, uno psicologo vero scrive. Egli è soprattutto un descrittore, e come tale deve sapere esprimere e non soltanto capire quello che vede e che ascolta, deve raccogliere ogni storia e scriverla a due mani col paziente. Ogni filo narrativo, ognuna delle trame dei racconti che lo psicologo crea, lo aiuta a riprodurre e a rendere cosí meno doloroso il senso di una vita interiore ferita e ignota. Per questo Gianni, che è psicologo vero, scrive. Sia quando ci racconta delle potenti suggestioni delle religioni di cui tanto ha studiato, sia quando, come qui, trasmette ai suoi studenti le certezze e i dubbi di una farmacologia che seppure ci domini dall’alto dei suoi immensi poteri operativi deve comunque rimanere “minima”, e come tale criticabile.
Perché nell’epoca in cui la comunicazione rapida, immediata, trionfa e vince, la moda non può essere che quella di cortocircuitare ogni problema. E se si può guarire da una depressione con una semplice pillola, perché mai non si dovrebbe far altrettanto con i batticuore e con i sentimenti, appena provino a diventar fastidiosi? Ed ecco allora le pillole del sesso, quelle della felicità e quelle contro la timidezza: perché è una grande liberazione poter pensare di delegare a una compressa, a qualcosa di esterno e di semplice, la risoluzione dei problemi piú spinosi della nostra vita.
«Stiamo tornando indietro?», si chiede Gianni concludendo il suo libro. Credo di no, vorrei dirgli, perché il tentativo dell’uomo di trasformare in scelte culturalmente ineccepibili le sue sconfitte rispetto a se stesso, alla sua infanzia, alla sua vecchiaia, alla sua vita, ci sono sempre stati e sempre ci saranno. E perché uno psicologo vero ha da sempre il destino di doversi legare ai momenti culturali, sociali e storici in cui vive e lavora. Stiamo semplicemente continuando il viaggio; e se sarà in avanti e non indietro dipenderà dalla nostra tenacia nel continuare a studiare, ad ascoltare, a criticare e a scrivere.
Dalla prefazione di Marco Mazzoli