Vai al contenuto

Questo è un libro edificante, perché edificante è la figura di Mario Cerilli. E in un tempo di dissacrazione e di trasgressione, e talvolta di derisione, delle regole, credo di alternative positive si avverta la necessità.

Una solida tradizione agiografica propone Amasio, vescovo di Teano, come esemplare defensor fidei nella lotta che la Chiesa cattolica andava conducendo, nel IV secolo, all’indomani della svolta costantiniana, contro il dilagare dell’eresia ariana. Pur avendo nella città sidicina il suo epicentro geografico, il culto del Santo durante i secoli centrali del Medioevo era destinato ad una incisiva ramificazione nel Lazio sud-orientale. Vari interrogativi si pongono alla ricerca. Quando approda a fissaggio semantico la memoria agiografica di S. Amasio? Che ruolo ha giocato la propaganda di Montecassino nella diffusione del culto amasiano? Quale relazione intercorre tra l’Amasio iscritto nella cronotassi degli Antiquiora Theanensis Ecclesiae Monumenta come secondo vescovo della propria storia e l’Amasio proposto dalla Passio Restitutae come protovescovo di Sora? Come mai il Baronio non ha recepito il nostro Santo nel Martyrologium Romanum? Perché sono gemmate certe incidenze toponomastiche a Piedimonte S. Germano e ad Arpino? Quali tradizioni popolari caratterizzano la locale devozione religiosa? A queste e ad altre domande risponde il presente volume curato da Filippo Carcione, ricercatore universitario

(Cassino - Dipartimento di Scienze Umane e Sociali - Laboratorio di Antropologia Visuale).

Lavori come questo vanno dritti al cuore e alla mente del lettore anche distratto. Essi infatti lo trasportano nella situazione psicologica universale del figlio che ripercorre il proprio tracciato genetico come portando la fiaccola della vita del genitore, e propria. In fondo la specie non ci chiede altro che fare da staffetta per cui – non è divertente dirlo – divenuti genitori a nostra volta, il nostro compito esistenziale sarebbe concluso. Un individuo qualsiasi non ci fa caso ma nemmeno chi sa, se la sente di rinunciare ad un sèguito senza limite. Il bisogno di sussistere è la trasfigurazione del bisogno di essere immortali! I pensatori sono una categoria antropologica sui generis!
Essi amano e soffrono in misura e modo eccezionali per un ipersviluppo della coscienza ma sono essi stessi che consentono alla specie di evolversi dall’animalità alle vette del cielo creando tutta quella scienza e tutta quella tecnologia che sono tutto il bene e tutto il male della civiltà ma anche l’unica risorsa per non stagnare e morire di sé stessa (come purtroppo sta accadendo).
Amerigo Iannacone è un pensatore ed uno scrittore di tutto rispetto e dalla parte positiva dell’evoluzione: con queste pagine rende il meritato onore al suo predecessore – alla conditio sine qua non del suo modo di esistere. In altre parole, egli, dopo avere attentamente ascoltato dalla viva voce del padre la rappresentazione della di lui vita militare nella Seconda Guerra Mondiale e della di lui prigionia nei lager tedeschi, ed avere accuratamente annotato fatti e date, coglie l’occasione per ripercorrere a volo d’uccello la vita paterna mentre gli fa narrare, a sua volta le di lui vicissitudini belliche, particolarmente perigliose e quasi eroiche dopo l’armistizio con gli Angloamericani e l’inizio delle ostilità con gli ex alleati nazisti.
Queste pagine si leggono d’un fiato non solo perché il vissuto ha un fascino particolare su tutte le persone sensibili ma anche perché la lingua di Amerigo Iannacone è lessicalmente precisa, formalmente forbita, a volte poetica e toccante specie quando rievoca i ricordi infantili, in cui ci ritroviamo un po’ tutti e con nostalgia. E sono sempre i piú belli, emotivamente, non perché si stesse economicamente meglio ma intanto solo perché si era molto piú giovani, per meglio dire agli albori di quest’avventura parabolica, che è l’esistenza.

Dalla prefazione di Carmelo R. Viola

Antonio Piromalli è stato una delle piú autorevoli personalità nel panorama del Novecento. Docente universitario, critico, scrittore, giornalista e poeta, ha intessuto una trama di rapporti nel Paese ed all’Estero lasciando un cospicuo numero di pubblicazioni ed un archivio dichiarato particolarmente importante «per la storia letteraria, politica e culturale in Italia». Oltre agli studi di carattere nazionale è stato fautore della letteratura regionalistica cui ha dato notevole rilievo.

Piromalli e la Sicilia è dedicato espressamente, fin dal concepimento del suo progetto, a Lanfranco Piromalli, ma, per le circostanze in cui oggi vede la luce, lo è anche, e idealmente, a Maria onterosso, nel decennale della morte (educatrice, insegnante alla Scuola Elementare “Mario Rapisardi” di Canigattì).

Merito di Antonio Piromalli – pretesto e “volontario”, intrigante complice – è stato quello di aver messo in atto nell’autore un interesse che giaceva in uno stadio potenziale, covato da predilezione, affetto mai celati per la Sicilia tutta, tanto che questi ha già in preparazione inoltrata un altro lavoro su luoghi e intellettuali della “grande” Isola.

Pietro da Salerno (+ 1105), monaco, diplomatico, vescovo, crociato, perseguitato, taumaturgo e santo, ci è noto soprattutto per la Vita accolta dal Lectionarium anagninum pervenutoci nel Cod. chigiano C. Vili. 235 (ff. 195v-206v), manoscritto conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
Il testo agiografico, inserito in un ambito liturgico e stabilizzatosi nel XIV secolo con questa precisa finalità, risulta dalla cucitura letteraria di varie fonti, di cui la piú antica e autorevole è comunemente ritenuta la perduta peroratio, che ne fece Bruno di Segni, all’epoca monaco o forse già abate cassinese, in vista del processo di canonizzazione culminato il 4 giugno 1109 (o 1110?) con la Dominum excelsum di papa Pasquale II, che concedeva alle diocesi campane l’autorizzazione solenne per il culto pubblico dell’asceta salernitano, entrato nei circuiti della Curia romana grazie alla stima del cardinale Ildebrando (futuro papa Gregorio VII) e finito sulla cattedra di Anagni (1062), all’epoca di papa Alessandro II.
Benedettino, riformatore, legato al grande progetto lanciato dall’abate Desiderio (futuro papa Vittore III), presenziò allo straordinario raduno di Montecassino, donde nel 1071 s’inaugurava la nuova Abbazia, simbolo di una Chiesa che anelava con forza l’affrancamento dai lacci della mondanizzazione feudale e postulava platealmente il rinnovamento morale degli uomini attraverso la riedificazione materiale delle strutture. Del resto, la ricostruzione della cattedrale anagnina, il rinvenimento delle reliquie e la sponsorizzazione del movimento devozionale nei confronti di S. Magno, attribuiti dalla tradizione a Pietro da Salerno, s’inseriscono pienamente nell’impegno cassinese mirante a consolidare, tra l’XI e il XII secolo, l’aggiornata fisionomia medievale dei centri urbani attraverso la promozione dei celesti patroni locali, modelli di santità da emulare e potenti intercessori da evocare.
Nel IX Centenario del suo beato transito (1105-2005) la Diocesi, di cui egli fu glorioso titolare, ha voluto celebrarne la figura, patrocinando il presente volume curato da Lorenzo Cappelletti, direttore dell’Istituto Teologico Leoniano di Anagni (aggregato alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum), e da Angelo Molle, assistente di Storia della Chiesa presso il medesimo ente accademico.