Foglio Volante n°10 Anno XXXII Ottobre 2017
Un pensiero per un amico
Era a fine anni ’80, poco dopo la pubblicazione del mio primo libro, che conobbi Amerigo Iannacone. Come tanti alle prime armi, cercavo nuovi contatti. Trovai in biblioteca un catalogo delle riviste in Italia (a quei tempi non esisteva internet, e tanto meno riviste telematiche) e scrissi a tante di quelle che facevano letteratura. Amerigo Iannacone mi rispose per primo. E fu tra i pochissimi che mi risposero! Probabilmente capì la mia inesperienza e la mia emozione, e fu così gentile nella sua risposta da offrirmi anche la sua disponibilità a pubblicare qualcosa sul “Foglio Volante”.
Iniziò così la mia collaborazione alla rivista, di cui apprezzai subito la snellezza, la chiarezza, l’impostazione internazionalista ed equilibratamente progressista. Ricordiamo tutti noi i tumultuosi anni Novanta, i blocchi politici contrapposti muro contro muro, il cosiddetto nuovo che avanza. Amerigo riusciva sempre a trovare la parola giusta e, come le vere persone di cultura, a capire nanche le ragioni degli altri, a tentare una mediazione pur nella obiettività diversità di ruoli ed opinioni. Non era facile a quei tempi. Da allora ho pubblicato, non regolarmente, racconti brevissimi, poesie, lettere. E, quasi senza neanche accorgercene, semplicemente, siamo arrivati fino a oggi.
Alcune delle sue battaglie meritano di essere ricordate, contro la barbarie di una sottocultura dilagante, perché, come diceva Nanni Moretti ne La palombella rossa, “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!” Qui c’è tutta la passione per la nostra lingua italiana, per l’uso fiero e consapevole dell’italiano, per difendere il nostro bel parlare dalle più stupide derive anglicizzanti. Difesa della lingua non come retaggio di un’idea di retroguardia, ma perché dal pessimo uso delle parole e dalla resa stupida ed incondizionata al conformismo si possa produrre una reazione in grado di valorizzare un ricchissimo ed autonomo patrimonio culturale: difesa da una globalizzante mercificante e impoverente. Innumerevoli i suoi interventi tendenti a stigmatizzare e talvolta anche a ridicolizzare gli usi abnormi dell’inglese, in base ai quali una parola banale in italiano diventa intelligente in inglese; o un concetto stupido italiano diventa furbo in inglese; o un prodotto italiano scadente diventa ottimo in inglese, com’è per i mediocri film che mantengono il titolo inglese e non vengono tradotti (per fortuna, altrimenti già se ne capirebbe l’insulsaggine).
Potremmo dire ancora tante altre cose, in particolare sul suo amore per l’esperanto e sulla sua visione universalistica e non particolaristica della cultura. Potremmo anche dire molte cose sull’area tra Roma e Napoli su cui ha operato, con interesse da studioso, da storico, da uomo fortemente legato al territorio. Ma confido che altri possano trattare questi temi a parte, molto meglio di me e con gran dovizia di informazioni di prima mano. Amerigo, persona decisa ma sempre rispettosa, e mai superficiale, diventò sempre più negli anni un infaticabile operatore culturale, specie quando, raggiunta l’età della pensione, la casa editrice Eva conobbe uno slancio irresistibile con l’ampliarsi delle collane, l’arricchimento scientifico e qualitativo, le infinite presentazioni dei libri editi. La casa editrice Eva, già ampiamente presente nell’universo culturale italiano - e non solo strettamente letterario! - è diventata un punto di riferimento importante in Italia, il cui catalogo desta una grande vivissima ammirazione per tutti coloro che operano nel mercato o che semplicemente amano la cultura tout court, senza preconcetti, senza schemi rigidi.
Di vista sono stato con Amerigo una volta sola, purtroppo, e me ne pento. In quell’occasione, con mia moglie, conobbi Maria Grazia, moglie vivace, attenta e insostituibile alter ego anche per le attività culturali, e Chiara, preziosa giovane collaboratrice della casa editrice, da cui poi, dolorosamente, è piombata a tutti per mail la tristissima notizia. Ricorderemo sempre, mia moglie ed io, l’eccezionale carica di cordialità e simpatia che emanava dalla persona, il clima di sincera e duratura amicizia, il delizioso pranzo che ci offrì e che avremmo voluto ricambiare a Firenze, la nostra città, il pomeriggio passato a Venafro a contemplare le bellezze del paese, l’invito a ritornarci in estate.
Sono trascorsi neanche tre anni, e qualche volta ci è capitato di transitare in prossimità di Venafro, giù per l’autostrada per Salerno o al mare opposto verso Termoli. Il tempo stretto, la necessità di arrivare a destinazione all’ora prevista ci hanno, ingiustamente e crudelmente, impedito di ripassare per Via Nunziata Lunga 29. Amerigo mi aveva chiesto, quel giorno quasi piovigginoso del nostro incontro, di mandargli un racconto, una poesia. Io stavo concludendo quel periodo della mia vita, durato 40 anni, in cui avevo scritto un’infinità di testi letterari. Avevo deciso di imprimere una svolta alla mia esistenza, semplicemente pubblicando tutte le mie opere e poi passando a fare altro. E così non potetti inviare niente ad Amerigo. Non avrei pensato di scrivere qualcosa proprio per quest’occasione. Dimenticavo: ci salutammo il 5 dicembre 2014, erano circa le quattro del pomeriggio, un sole opaco stava per tramontare, eravamo lieti.
Paolo Ragni
Nei sogni mi appari
Nei sogni mi appari spesse volte
con la tua paterna e tranquilla presenza.
Ti parlo,
espongo il mio pensiero su alcune cose,
tu rispondi affermativamente,
come condividessi le mie idee.
Ma è così vivida la tua presenza
che un presentimento emerge dal mio animo:
cosa mi rende triste se tu sei qui?
Allora provo a sfiorarti
e la mia mano si perde nel vuoto.
Improvvisamente il sogno diventa sogno.
La realtà del sogno è un sogno nella realtà.
27 agosto 2017
Renzo Iannacone
Stress
Stress
Il giardino senza fiori
la luna rossa
gli occhi spalancati
al vuoto del mondo.
La statua della Libertà
immortalata in fotografia.
La mia mente si sfalda
tentando di rimuovere
quello che fu vissuto.
Teresinka Pereira - Brasile
(Traduzione di Giuseppe Napolitano)