Vai al contenuto

La sorgente del fiume Bann

  • Titolo
  • La sorgente del fiume Bann
  • Autore
  • Celeste Ingrosso
  • Collana
  • Perseidi
  • Pagine
  • 248
  • Prezzo
  • € 16,00

Una scommessa vinta

In realtà, è più di una scommessa: questo romanzo dell’esordiente Celeste Ingrosso (quasi una sfida alla pazienza dei lettori, oggi che tanto poca ne hanno per seguire tante pagine scritte) si apre con una serie di colpi di scena e si chiude... ma si chiude poi realmente?
Non è il caso di svelare non solo la chiusa ma nemmeno le trame (poiché al plurale vanno indicate) di questa storia avvincente, ai limiti dell’incredibile, scritta con apprezzabile padronanza tecnica, oltre che indubbia evidente passione per il tema affrontato. Che è un tema, anch’esso, da scommetterci per vedere chi viene a “vedere” (come quando si gioca a carte e c’è qualcuno che punta forte...
Celeste dunque si mette in gioco (poiché mette in campo le sue convinzioni profonde, forse il senso stesso della sua vita), e chiede al lettore di giocare con lei, ma seriamente, come per una caccia al tesoro in cui il tesoro è la vita che si mette in gioco. Ad apertura, infatti, propone un indovinello esistenziale che appare subito inquietante, lasciando insieme intuire chissà quali sviluppi narrativi. E ci sono, ci sono subito e ce ne saranno sempre altri, più o meno sorprendenti, fino alla conclusione – in certa misura attesa ma non del tutto prevedibile: una scommessa vinta.
Chi abbia seguito fiducioso la vicenda della giovane protagonista, si ritroverà con lei ad aver percorso un periodo fondamentale della conoscenza di sé: non si può rimanere indifferenti alle proposte – che sono semplicemente umane prima ancora di essere, come sembra, filosofiche o religiose – che l’autrice vuole farci comprendere e, magari, condividere.
I protagonisti del romanzo La sorgente del fiume Bann si muovono attraverso le vicende vissute come fossero sempre sicuri di quel che li aspetta, come sapessero che – prima o poi, magari non senza qualche impiccio – tutto si metterà a posto, anzi, tutto tornerà a posto... Qui la giovane Aidha scopre un mistero che si rivelerà la sua stessa vita. E coinvolgerà altri nel riconoscimento e le sarà d’aiuto per comprendere come più e meglio le convenga vivere, per sapere di essere non solo di passaggio in questo mondo, ma di essere una e più di una, di avere avuto e di poter avere più vite da vivere.
Intorno a lei, tutto concorre a metterla sulla strada giusta, an-che con gli intoppi che arricchiscono la curiosità del lettore, mentre ai personaggi assicurano pagine supplementari di episodi da gestire. E la curiosità cresce mentre si vedono agire – con gli occhi e con l’animo della protagonista (che narra in prima persona) – i personaggi di contorno, e soprattutto il deuteragonista (che è poi il motore primo al quale si deve l’origine stessa della ricerca esistenziale che segnerà la vita di Aidha); si vedono tutti muoversi all’u-nisono, appunto come seguissero una rotta nota, tracciata...
La struttura del romanzo è simmetrica, nella successione dei capitoli e nella stessa crescita dei personaggi attraverso quei capitoli. Ci sono ricorrenze spia, che danno la chiave per comprendere quel che succede e perché sta succedendo proprio allora e proprio a loro. I capitoli sono 23: quello centrale fa da cerniera e chiude una parte aprendone un’altra, speculare nell’ordine degli eventi. Alla fine, sapremo le ragioni di certi episodi iniziali, scopriremo le motivazioni psicologiche insite in alcuni caratteri – se avremo partecipato con attenzione e disponibilità intellettuale, saremo anche appagati dall’esito a cui giunge l’autrice.
Certo, chi abbia confidenza con le teorie orientali sulla rein-carnazione meglio riesce a penetrare le linee portanti della storia, e insieme la psicologia dei personaggi e le loro azioni (calandosi – e questo è favorito dall’abilità dell’autrice di muoversi nell’epoca tardo-ottocentesca e nella geografia nordirlandese e non solo – attraverso i meandri in cui spesso i vari capitoli trascinano il lettore). Ma il romanzo si apre, proprio grazie alla lontananza spaziotemporale in cui si snoda – o si riannoda continuamente fino allo scioglimento –, tirando inevitabilmente dentro e rimettendo fuori senza sosta: La sorgente del fiume Bann diventa un porto/approdo dal quale ci si avvia per fare scoperte impensate e al quale si torna per dar ragione di quelle scoperte, appunto “scoperte” come dovevano essere. La sorgente del fiume Bann è il luogo ideale (oltre ad essere materialmente, geograficamente, il luogo centrale e il centro motore di questo romanzo) dove si finisce per trovare – come forse già si sapeva – un ubi consistere che insieme è pure un unde procedere... Un ritorno ad una nuova vita.
La giovane spericolata scrittrice che coraggiosamente esordisce con 250 pagine fitte di cose e persone, di sogni e pensieri, e ne esce sicuramente anch’ella cresciuta con la sua Aidha, anche lei, la scrittrice in erba che dimostra scaltrezza nell’organizzare e nello scrivere, predisposizione allo studio dei caratteri, fiducia – anche, non guasta – nella disponibilità del lettore medio a credere nell’as-sunto principale all’origine di tutto: siamo chi siamo già stati, e ci tocca completare, o almeno sviluppare, percorsi segnati, insieme a coloro che insieme a noi hanno fatto in parte quei percorsi.
È il nostro karma a indicarci la strada, inevitabile per quanto si tenti di evitarla, e a condurci – a tappe, ma senza tema di perderci – dov’è segnata la nostra meta. Il vero premio per quella scommessa è trovare (ri-trovare) l’altra metà che ci fu tolta – sappiamo che ci aspetta, ci sta cercando, anela al ricongiungimento. Perché dobbiamo essere due in uno, per vivere pienamente. Perché non saremo completi e felici fino a quando avremo completato (per quanto frammentato in diverse vite) il giro di esistenza che ci è stato assegnato.

Giuseppe Napolitano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *