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Senza perdere la strada

  • Titolo
  • Senza perdere la strada
  • Autore
  • Ida Di Ianni
  • Collana
  • La stanza del poeta
  • Pagine
  • 56
  • Anno
  • 2016
  • Prezzo
  • € 9,00

La consistenza dei sogni

È da folli essere gelosi di un poeta: perché può prendersi quello che vuole, con le sue parole, anche un cuore che non esiste e dargli vita, la sua, la vita delle sue parole. E può prendersi il cuore di chi legge le sue parole e farne il cuore di altre parole...
Ida Di Ianni, lo confessa d’altronde senza na-scondersi, è solo una che scrive per amore: ha la coscienza a posto, essendosi dichiarata. Peggio per chi le affida il suo cuore di lettore – fidandosi di poterla incontrare in queste pagine. Qui lei nemmeno c’è, poiché la voce che dice ti amo non è realmente la sua, ma quella del suo poetico (si direbbe altro da sé) sentimento che si fa parola.
Questo piccolo libro si compone di poche decine di frammenti estratti da un diario quotidiano che Ida va pubblicando on-line ormai da molto tempo. Vi si snoda un arco di pensieri di appena due mesi, poco più, ma l’idea di raccoglierli (mia) vuole comporre comunque un percorso di conoscenza che sia esemplare, da lasciare cioè alla memoria – e il libro a me (a Ida pure) sembra ancora il mezzo migliore per condividere una storia, anche inventata, per dare consistenza ai sogni.
Tagliare qui è proprio doloroso – sfrondare, an-che soltanto un po’, nelle mille ramificazioni di questa grammatica dei sentimenti, significa (ed è un arbitrio comunque necessario) strappare a Dafne le sue membra, perpetuare in contrappasso la sua pena. Ida qui si veste di sé – della creatura poetica che la abita – per donare al divino amante le vesti da lacerare nell’ideale amplesso che è il sogno celeste e terreno insieme, al quale non si sfugge, nessuno sfugge – il sogno di un oltre che sia già ora.
Tra le parole chiave di questa silloge, che si vorrebbe leggere in un fiato e che invece va lentamente assaporata, gustata, c’è l’ambiguo avverbio già – che, mentre sembra chiudere, apre verso nuovi traguardi. Io sono già il mio domani: scrive Ida, ed è poesia, ed è sequenza, ed è fine, ed è il tutto che esprimo. Perché è questo il gioco sotteso in queste sue esternazioni sentimentali che sono frutto – dichiaratamente (ma un gioco serissimo, pirandelliano) – della fantasia poetica: quello che è detto è già consegnato al passato, mentre aspetta un futuro che si sa non ci sarà (ma è già presente e posseduto nel dirsi, nell’essersi compiuto, appunto, nel suo dirsi). È lo stupore del vedere oltre, del sentirsi, dell’essere al di là di ora, del momento che è già pieno del suo domani.
Non è necessario, ma il riferimento (almeno) ad un grande modello viene spontaneo: così lavorava spesso Leopardi, componendo le note quotidiane del suo Zibaldone – qualcuna diventava poesia poiché già (è il caso di parafrasare ancora) la conteneva, era poesia in nuce, come parecchie di queste note che Ida, giorno per giorno, affida alla memoria del suo telefono e quindi invia (potenza e tentazione dei nostri mezzi mediatici!) agli amici, ai lettori di Facebook, a coloro che sapranno cogliere fra le sue parole un verso, una strofa, un canto... un desiderio di comunicare che si fa, nella smisurata grammatica dell’essersi, voce d’anima per anime in ascolto.
Alcuni dei brevissimi testi che compongono questo libro involontario (preterintenzionale, si potrebbe dire, poiché nato senza l’intenzione di farlo) possono leggersi, sezionati e scanditi, come testi poetici. Forse l’autrice – avesse avuto più che il tempo la pazienza di tornarci su – ne avrebbe tratto pagine per una nuova raccolta di poesie. Forse, ma forse no: come successe (per citare ancora un grande) al Michelangelo dei prigioni, Ida ha lasciato apposta da sbozzare i grumi di parole che le occorrevano, che le si offrivano, che le chiedevano vita, subito. E ha trascritto quel che dettava dentro il suo animo, lasciando a noi la scoperta da completare, la fiamma con la quale alimentare una passione comune.
Un abbraccio sognato mentre secoli scorro-no tra le pagine e solcano i mari parole mai udite d’amore. Ogni foglio è buono, così come ogni approdo. Caldo nella mente, così, accanto a me. Basta sentirti.
Alice finirà per incontrare uno specchio che non si lascia attraversare: sarà quello della dura realtà con la quale confrontarsi al di qua del sogno. Se ancora si può permettere un viaggio nell’oltre, chiediamole però di andare con lei... Magari ti potesse accompagnare Alice nel giardino incantato senza perdere la strada – o perderla con lei. Certo, se ce la sentiamo di rischiare di perderci, e comunque non da soli...
Ida è una donna antica, dice, ed è ben consape-vole delle nostre umane fragilità. Sa bene quante favole abbiano illuso l’umanità, quanti sogni si siano infranti nel di qua dello specchio, ma sa pure come andare oltre, senza perdere la strada. E, seppure si riconosca ebbra di mancanza, sa bene come attendere il domani, anzi: io sono già il mio domani – scrive – e poi chiarisce (rivolta all’ideale oggetto d’amore al quale è rivolto ogni suo pensiero d’amore): sei già nel mio domani... Ne può conseguire che io e tu coincidono? Avremmo risolto l’enigma a fondamento di questo libro di confessioni che non si rivolge ad altri che al proprio animo, inquieto fratello bisognoso d’affetto: desidero sentirmi amata.

Giuseppe Napolitano

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