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- Autore
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Un albero per ombrello |
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Mariano Coreno |
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Colibrì |
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111 |
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2015 |
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€ 10,00 |
Un albero per ombrello: Coreno
«Dolce paese, onde portai conforme / l’abito fiero e lo sdegnoso canto / e il petto ov’odio e amor mai non s’addorme, / pur ti riveggo, e il cuor mi balza in tanto»...
Cosa c’entra Giosuè Carducci con la poesia di Mariano Coreno? “Traversando la Maremma toscana” mi pare cada a proposito per questi tuoi versi, Mariano, intitolati Un albero per ombrello.
Perché tu, caro Mariano, non hai scritto delle poesie ma dei versi. Versi che fanno parte di una sola, grande e ancora incompiuta poesia intitolata “CORENO”. E se i tuoi versi sono brevi è perché sono propriamente dei versi e non delle poesie. Sono versi – ripeto – di quell’unica poesia che hai scritto e stai ancora scrivendo e scriverai ancora, e che si chiama, come già detto, “CORENO”.
Dunque, abbiamo a disposizione una lunga poesia ancora da completare, che si chiama “CORENO”, e un poeta che quella poesia deve ancora terminare che si chiama Mariano Coreno. E mai come questa volta un nome, meglio un cognome, risulta piú azzeccato, piú giustificato, piú rispondente alla realtà.
Non si trattasse di te, caro Mariano, la circostanza non andrebbe nemmeno citata, figuriamoci sottolineata. Cambierebbe qualcosa se tu non appartenessi alla grande famiglia dei “Coreno”, che pare abbia dato il suo nome al nostro paese?
Non cambierebbe niente, rispetto a te, rispetto alla tua poesia, se tu ti chiamassi diversamente, se il tuo cognome non fosse “Coreno”. Ma la circostanza, come l’ho chiamata, che tu ti metti “Coreno”, nel tuo caso va citata e perfino sottolineata. Perché tu vivi questa circostanza casuale come un altro dono, come una sottolineatura del fatto che sei di Coreno, come una garanzia, come un motivo in piú per amare Coreno: per fare di Coreno la protagonista, la figura centrale se non unica (a me sembra unica) della tua poesia.
Ora, in tutto quanto fin qui detto, cosa c’entra – torno a chiedere – Carducci e la poesia “Traversando la Maremma toscana”? C’entra, e come! Carducci, infatti, che dice in quella particolare e, secondo me, particolarmente bella poesia? Dice che non gl’importa di dover morire, di essere condannato e vicino alla morte; non gl’importa nemmeno di aver visto morire i suoi sogni piú inseguiti, i suoi ideali piú amati; non gl’importa neanche di aver rincorso invano le sue piú care aspirazioni e le sue speranze piú tenaci. Non gl’importa piú nulla di nulla, essendo diventata ormai la sola cosa importante per lui aver ritrovato in se stesso i luoghi della sua adolescenza e giovinezza, luoghi dai quali gli arriva il soffio rigeneratore del sostegno della vita che gli è rimasta da vivere:
«… ma di lontano // pace dicono al cuor le tue colline / con le nebbie sfumanti e il verde piano / ridente ne le piogge mattutine.»
Ecco dove e come l’immenso e un po’ antipatico Carducci s’incontra con il caro e minuscolo Mariano! In questo amore per i luoghi nativi, la cui presenza si fa piú forte via via che piú se ne allontana, rivive l’età dell’innocenza, ritorna l’età dell’adolescenza, l’età immortale della vita mortale.
Perché se è vero che tu, caro Mariano, vivi in Australia da piú di mezzo secolo, da quasi sessant’anni, è vero soprattutto che tu sei nato alla vita, che tu hai trascorso la tua adolescenza a Coreno. Cosí in Carducci: per il quale stare a Bologna significava portare ancora di piú nel cuore la Maremma toscana dei suoi anni formativi e decisivi. Quanto a te, tu in realtà non sei vissuto, non vivi in Australia: tu hai risieduto semplicemente, tu risiedi soltanto in Australia. Tu, da quando sei nato, da quando eri ragazzo, hai vissuto sempre in Italia. Mi viene a questo punto, a questo riguardo, di pensare a Emily Dickinson: la poetessa che, volontariamente reclusasi in una stanza, aveva eletto a sua dimora l’universo per essere libera come l’universo.
Apparentemente, visibilmente tu sei vissuto in Australia; ma sostanzialmente sei vissuto e vivi a Coreno. E attraverso la tua poesia, Coreno cessa di essere un ricordo, qualcosa di perduto nella memoria e dalla memoria ritrovato e richiamato: Coreno ridiventa, come è stato, la tua nascita, torna ad essere la tua nuova adolescenza: il passato, cioè, cessa di essere il passato per diventare il tuo attuale, tuo reale presente.
In tutto questo, è stata essenziale la tua poesia che ti ha consentito di continuare a vivere a Coreno perché essa stessa si è identificata in Coreno. E tu, caro Mariano, non hai scritto tante poesie ma tanti versi di una stessa poesia. Tu hai scritto, e continui a scrivere finché vivi, una sola poesia composta di tanti versi che sembrano a modo loro poesie ma fanno parte, sono parte, di una stessa, di una sola poesia.
«Anche / con la pioggia / canta il merlo. // Ha l’albero / per ombrello», una delle pagine di questo libro che vai scrivendo. E il “merlo” sei tu, Mariano, che canti anche con la pioggia, anche quando tutto sembra rovinarsi e rovinare, perché anche tu hai per “ombrello” l’albero della poesia, e cioè Coreno.
Prima di chiudere, di concludere queste mie riflessioni sulla tua poesia, caro Mariano, voglio dirti, voglio darti il mio ringraziamento. Lo so, ti sembrerà strano, come sembrerebbe strano a un uccello qualcuno che lo ringraziasse del suo canto. Anche tu, infatti, canti come un uccello, e cioè naturalmente e gratuitamente. E tuttavia voglio lo stesso ringraziarti. Come voglio ringraziare i due impareggiabili amici, Amerigo Iannacone e Domenico Adriano, che hanno consentito questo nostro incontro con te, con la tua poesia. Umberto Saba, che essendo un grande poeta non temeva di sembrare piccolo inserendo delle “moralità” nei suoi versi, scrisse una volta, e proprio in una poesia intitolata “Quasi una moralità”, che «il mondo – tutto il mondo – ha bisogno d’amicizia». Ebbene, Amerigo e Domenico che hanno preparato e curato con sapienza d’amore questo tuo Un albero per ombrello, all’amicizia hanno risposto e corrisposto interamente, amichevolmente, affettuosamente.
Caro Mariano Coreno, caro Coreno e, anche per merito tuo, cara Coreno!
Dalla postfazione di Tommaso Lisi