- Titolo
- Autore
- Collana
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- Anno
- Prezzo
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Il paese sulla scogliera |
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Manfredo Di Biasio |
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La stanza del poeta |
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72 |
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2016 |
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€ 10,00 |
Scogli nella memoria
È proprio il caso di parafrasare il titolo di questo appassionato libro di racconti che Manfredo Di Biasio ha raccolto nei cassetti della memoria: in quei suoi cassetti il vecchio scrittore è andato a cercare – per proporre, e condividere con gli attenti lettori, il mondo che è stato il suo ma non è lontano dal nostro che adesso siamo – lacerti di esperienze toccanti, personali o meno, ma vissute tutte come scogli ai quali aggrapparsi tra i marosi in tempesta di un mare ostile – la vita. Tale infatti è la nostra esistenza, anche se a volte quel mare sembra accoglierci amichevole e festoso (come nel racconto che dà il titolo al libro), poiché spesso invece siamo “preda di burrascosi notturni” da cui almeno usciamo “vissuti”: se abbiamo la fortuna di uno scoglio che ci salva. Può essere una situazione che si evolve in nostro favore, o un amico che ci sorregge nel bisogno, l’appiglio consente di riprendere il cammino che si stava facendo difficile e periglioso.
Manfredo Di Biasio ha scritto e pubblicato tanto, ha cominciato giovanissimo con una raccolta di versi, ma in oltre mezzo secolo ha accumulato – oltre le numerose e varie pubblicazioni – pacchi di inediti nei quali ogni tanto va a mettere mano, forse per un’intima esigenza di mettervi ordine, di sistemare e fare i conti col passato. Così la memoria privata si fa storia collettiva, mentre si aprono scorci di vita ormai remota nel tempo. Quegli episodi e quelle persone che (ri)vivono nelle sue memorie sono al tempo stesso frammenti della grande Storia che tutto avvolge e spesso travolge. Qui gli anni cruciali sono quelli terribili del dopoguerra, gli anni cinquanta del secolo scorso, quando parecchi si videro spinti, costretti a cercare fortuna altrove, lasciando i luoghi e le (poche) sicurezze familiari per andare a soffrire un’esistenza appena più dignitosa. Alcuni fortunati hanno infine potuto ritornare a casa, lì dov’erano rimaste le care memorie, in un paese solatìo sulla scogliera.
Anche se «gli anni hanno posto una barriera in-valicabile tra quel tempo vissuto quasi inconsape-volmente e l’oggi», non è banale ricordare – come appunto fa Manfredo, apertamente o per mezzo di esempi narrati – che «la storia si ripete», perché le nuove generazioni sappiano da dove vengono, e che quanto hanno a disposizione è frutto (o colpa, certo: dà frutti, amari, anche la colpa) di coloro che li hanno preceduti, vivendo sopportando e godendo «uragani e dolci maree»… – ancora una metafora marina – che «hanno costellato il tragitto esistenziale di ognuno di noi». Di quegli anni di formazione, «resta una memoria limpida, che gli anni hanno reso dolcissima».
Se siamo eredi, è anche vero che dobbiamo ri-spetto a chi ci ha dato l’eredità di cui viviamo. E in queste pagine di Manfredo si può comprendere perché. Gli undici racconti che compongono Il paese sulla scogliera costituiscono infatti un album (di immagini) che prende vita in un paese ideale, il paese di tutti che leggono e si ritrovano. Ci hanno lasciato in custodia non solo le case nelle quali vi-vemmo un tempo (forse «inconsapevolmente» liberi di fronte alla vita, al futuro), ma la stessa esistenza vissuta da chi ci ha preceduti e si fa in noi la nostra esistenza da vivere secondo insegnamenti – per quanto non sempre condivisibili (alla luce del tempo nostro, che è diverso da quello che fu) – irrinunciabili, inalienabili.
Questi agili racconti sono scritti quasi in punta di penna (Manfredo la usa ancora), col gusto pieno di chi partecipa una confidenza, un regalo ad un amico. E vi compaiono familiari, amici, conoscenti: tutti tasselli di un mosaico variegato che vanno a costituire un affresco da guardare tutt’insieme, poiché le diverse piccole storie fanno parte della Storia con la maiuscola, e quella è possibile comprenderla soltanto se ciascuno vive e comprende la sua personale piccola storia. E la fa crescere, insieme con gli altri.
La terza persona (usata in quattro racconti) dis-simula appena la volontà di staccarsi da certe storie, che appaiono ugualmente sofferte, come quelle narrate in prima persona – e che a volte sembrano an-ch’esse costruite apposta per essere esposte a mo’ di esempio. La vena di Manfredo Di Biasio scorre in entrambi i casi con sorprendente fluidità, segno di adesione alla sua scrittura che è specchio di esistenza. In queste pagine veloci alla lettura scorrono figure e figurine di vario genere, in prevalenza di ambiente e provenienza piccolo borghese. Personaggi femminili indimenticabili, anche se tratteggiati in poche pagine: Annina, Ceschina (la stessa “Farfalla” del racconto “Via della Pineta”, inconoscibile ma verissima nella forza dell’invenzione letteraria)… e ci sono poi i ragazzini che fanno i grandi e grandeggiano in episodi che si fissano nella memoria – la loro, mentre poi crescono davvero, e quella del lettore che appunto ne coglie le smanie esibizionistiche tipiche di chi ancora non conosce del mondo altro che le regole del suo piccolo mondo.
È inevitabile, forse, in un libro come questo che si anima e si sostanzia di ricordi (e i tempi ricordati non sono più tanto vicini), una vena malinconica, nella quale peraltro – chi lo conosce poeta, lo sa – Manfredo è maestro. Maestro perché per lui quella vena non è un rifugio consolatorio, e nemmeno una bandiera di impotenza (oggi si campa anche di questo): si nasconde nel tenersi un po’ in disparte a riflettere sul bene perduto solo perché ha imparato ad apprezzare il bene che comunque ha saputo conquistarsi – una lezione che soprattutto i lettori più giovani di questi suoi racconti dovrebbero fare propria – e ringraziarlo.
Giuseppe Napolitano