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Centopagine

  • Autore
  • Nicola Napolitano
  • Titolo
  • Centopagine
  • Collana
  • La stanza del poeta
  • Pagine
  • 136
  • Anno
  • 2014
  • Prezzo
  • € 8,00


SE AVESSI un figlio, mi piacerebbe che un nonno gli raccontasse una storia come quella che in queste pagine rivive e fa rivivere il mondo che una volta... perché c’era, una volta, un mondo così, un mondo anche duro ma buono, difficile e generoso, un mondo fatto di uomini e di cose, di cose semplici, e di animali domestici. Le mucche non impazzivano, allora...
Non ho conosciuto il nonno di cui porto il nome e del quale in questa narrazione emerge a tratti la figura che pur conoscevo, come in gran parte sapevo degli episodi e dei personaggi dei quali si racconta... eppure, leggendo d’un fiato le vicende a volte buffe, a volte pensose, non di rado venate di malinconia ma quasi sempre accarezzate con l’affettuosa dolcezza che la distanza nel tempo consente anche a chi le ricorda con una punta di dolore, leggendo tutte insieme queste pagine, ho scoperto quanta fatica c’è dietro la mia nascita!
Nicola Napolitano continua a scrivere nella sua nota biobibliografica che è “nato da una famiglia di agricoltori. Ha lavorato la terra fino a 22 anni”, quella terra alla quale è tornato, con l’entusiasmo dei vent’anni, appena ha smesso di lavorare nella scuola, e finché le forze glielo hanno consentito. E poi si è dedicato alla ricostruzione letteraria del suo passato, prima attraverso l’amorosa raccolta dei proverbi paesani, infine con queste memorie del tempo che fu – per farne un “presente” ancora degno di essere ascoltato, come se fosse una storia di quelle che sua nonna gli raccontava da bambino, frutto di fantasia e di esperienza, come quelle che sua madre, mia nonna, raccontava a me...
Ecco perché vorrei che a mio figlio fosse raccontata la storia che si srotola in queste pagine. Non riesco a concepire come si possa, pur nel mondo tecno-informatico che ci avvolge e ci protegge, ci seduce e ci sconvolge, dimenticare o fingere di dimenticare che veniamo da un’altra civiltà, genuina e sofferta, costruita sulla fatica di uomini e donne che ha segnato secoli di lenta evoluzione, e senza di quella, è addirittura ovvio ricordarlo, non ci sarebbe questa nostra civiltà. Il corsivo allude peraltro all’insistente dubbio che mi turba: siamo ancora, consapevolmente, cives di qualcosa? Ci sentiamo in qualche misura, in quale misura, appartenenti ad una società? Un tempo, anche i contadini, ignoranti per lo più, superstiziosi, avevano tuttavia una identità di appartenenza... sapevano di essere tali, masticavano amaro, certo, si nutrivano spesso di pane e lavoro e a volte di solo lavoro o nemmeno di quello, della speranza di averlo presto, ma sapevano di essere quel che erano e rispettavano i propri simili e coloro che, di-versi, li rispettavano.
Ho voluto riproporre queste pagine (la parte iniziale della premessa a Casale. Memorie del tempo che fu) perché adesso “un figlio” c’è, ed è una figlia che legge moltissimo e sa di aver avuto un nonno scrittore... L’augurio di allora, quindi, può dirsi esaudito? Veglierò su mia figlia che abbia sempre sul suo tavolo i libri giusti, che faccia le letture adatte alla sua età, alla sua personalità, ai suoi interessi, e non dimentichi che – se è nata com’è, con la voglia di leggere (e scrivere) che ha – è anche per merito di un nonno come suo nonno Nicola, del quale porta anche il nome.
Comunque, ho voluto ancora proporre, di mio padre, una scelta di pagine esemplari, in cerca ancora di lettori disposti con lui a viaggiare nei sentimenti, a farsi catturare dalla bellezza della vita, dalla bontà dell’uomo. Se avrò fortuna, l’avrà avuta anche lui, in questo 2014 che ha segnato i cento anni dalla sua nascita. Perciò sono “centopagine”, perciò spero di avergli dato un’altra occasione di essere vivo con i lettori che vorranno avvicinarsi a lui con l’animo buono che egli aveva quando si avvicinava ai lettori – prima di scoprire, purtroppo, a volte, di non aver saputo cogliere la loro attenzione, la loro disponibilità, la loro sensibilità. È sempre il cruccio dei buoni: accorgersi che la propria bontà non è compresa – fraintesa o disprezzata, inutile. Allora può anche darsi che il buono diventi cattivo, scopra in sé la durezza che gli consentirebbe di sopraffare il prossimo in una lotta per sopravvivere, alla quale comunque non si sente portato – e la cattiveria, appena emersa, torna nel fondo dell’animo, che però ancor più se ne cruccia, e si chiude a riccio, pauroso di nuovi incontri...
Questo volumetto esce come primo numero di una nuova serie della vecchia collana “la stanza del poeta”, nella quale ho pubblicato 111 piccoli libri: la presenza di mio padre è un augurio per me, a continuare a crederci, come lo è la collaborazione rinnovata con l’amico fraterno Amerigo Iannacone, editore e poeta. Nella sua collana “i colibrì” era uscito qualche mese fa Scuola di poesia, testimonianza a più voci sulla natura poetica di Nicola Napolitano: queste Centopagine vogliono essere di quel libro un complemento, per unire alle voci amiche la voce dell’amico, scomparso ma sempre vivo se in quelle appunto la sua può trovare un’eco.


Un grazie particolare a Maria Rita Manzo, Assessore alla Cultura, per aver sollecitato e patrocinato la commemorazione che si è tenuta il 7 novembre al Comune di Formia, nella Sala Sicurezza (Antonio Sicurezza fu grande amico, oltre che conterraneo, di mio padre). Nell’occasione, abbiamo anche inaugurato nella Biblioteca Comunale di Formia un “fondo poesia” intitolato a Nicola Napolitano – la stanza del poeta, che raccoglie oltre cinquecento volumi di poesia di autori del Novecento


Un grazie affettuoso a Maria Di Maria (mio padre fu il suo primo Preside), mamma del mio indimenticato alunno Alfredo Lanzafame, prematuramente scomparso: ricordando suo figlio, Maria ha voluto ricordare insieme, e insieme a me, Nicola Napolitano.

Giuseppe Napolitano

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